sabato 31 ottobre 2015

Essential Pet Shop Boys

     


La scoperta di un gruppo/un solista - tranne quando ciò avvenga saccheggiando le collezioni di qualche amico/fratello - è spesso legata ad un brano che in quel preciso momento gode di notorietà.

Premessa necessaria per giustificare il modo in cui nel 1994 i Pet Shop Boys entravano nel mio radiolone Soxy (dotato di futuristica cassetta autoreverse); in quel periodo un brano era stato adottato allo stadio durante le coppe europee, Go West: lo confesso fu questo brano, non certo una pietra miliare, che mi riveló l'esistenza del duo inglese.

Per fortuna da allora la mia attenzione è stata catturata anche dagli altri loro lavori, sicuramente più curati.

Gruppo ancora in attività, in quasi 30anni hanno legato le loro canzoni alle varie decadi attraversate, infatti se West End Girls e Rent rappresentano adeguatamente gli 80s, New York City Boys ed appunto Go West sono 90s allo stato puro.

Pionieri dell'electropop, ma anche autori visionari e sperimentatori multimediali: Neil Tennant e Chris Lowe sono dal 1981 un'autentica istituzione del pop internazionale. Un sodalizio da 40 milioni di album tra accessibilità melodica, ossessioni culturali, moda e visionarietà (cit. Onda Rock).

giovedì 29 ottobre 2015

Notturni




L'ispirazione per una buona playlist può venire da diverse cose. Stasera l'ispirazione manca e la giornata è stata troppo piena per ascoltare nuovi dischi. 
Al rientro a casa ho guardato la colonnina dei dischi e quale colonna sonora per la cena cercavo qualcosa di forte. Alla fine non ho trovato nulla e allora ho pensato che fosse la sera di una buona playlist. Il problema è: quale genere? quanto allegra? quanto triste? Spotify è venuto in soccorso. Per partire occorre un brano accattivante, ma non eccessivamente ritmato. Un pezzo un po' romantico e cantato quasi sottovoce, per permettere ai neuroni sconvolti da una tremenda giornata di riallinearsi con la normalità. Amos Lee, mi viene in mente una bella canzone che risponde a quelle caratteristiche. Scelto il primo brano è tutta in discesa, spotify suggerisce fra gli "artisti simili" David Gray, che, tra l'altro, ha pubblicato un nuovo album nel 2015. Ray LaMontagne, non lo ascoltavo da un po'. In realtà cercavo qualcosa del suo disco di debutto "Trouble", ma su spot non l'ho trovato. A questo punto la playlist deve cambiare direzione, cambiare genere. Un po' di trip hop, qualcosa di più elettronico da contrapporre ala suono pulito ed elegnate della chitarra acustica, ma senza abbandonare il mood. Fra blues, electro folk e indie ad un certo punto sento la necessità di ritornare alle origini, ai suoni puliti ed eleganti di Nina Simone. The Hunter Gets Captured By The Game mi viene in mente nella versione dei Massive Attack, con alla voce Tracey Thorne, ma preferisco le versioni originali (anche perchè la cover di M.A. fa parte della colonna sonora di un film brutto). Le Mervellettes mi fanno venire in mente Curtis Mayfield, nella ricerca del brano giusto mi ricordo che in origine lo sfortunato musicista aveva fondato gli Impression e People Get Ready è una delle loro hit di maggior successo. Jeff Buckley in un araccolta notturna ci sta sempre bene. Tom Waits è un animale notturno e Nick Cave e i Bad Seeds non sono da meno. Alla fine mi dispiace aver mischiato troppo le carte e confuso i generi, in fondo è stata una bella nottata ed Evis ha l'onore di chiudere la playlist.



martedì 27 ottobre 2015

Tutto iniziò grazie ad Alan Parsons ed al suo "progetto"

1976 un oscuro ingegnere del suono, dopo collaborazioni con alcune band semisconosciute (BeatlesPink Floyd...), pubblica il suo primo project Tales Of Mystery And Imagination Edgar Allan Poe.

L'album vede la luce grazie al sodalizio tra il nostro ingegnere - Alan Parsons -, Andrew Powell, direttore della Philarmonia Orchestra, ed Eric Woolfson, noto produttore e compositore: d'ora in poi saranno "The Alan Parsons Project".

Un anno dopo esce I Robot, album improntato al rock progressivo, dal marcato tratto futuristico., che rivoluzionerà la musica elettronica negli anni a venire.

A farla da padrone è il sintetizzatore, che verrà largamente usato, soprattutto nei brani strumentali, mediante un'elettronica messa al servizio della melodia.

Il risultato è un lavoro vario con contaminazioni di vari generi musicali dal progressivo al pop, dal funky alla disco.

Non mancano rimandi sonori ai lavori precedenti di Alan, tra le note riesce a scorgersi The Dark Side Of The Moon, frutto della collaborazione di appena 4 anni prima.

Da adesso in poi (grazie anche all'imponente figura di Giorgio Moroder, che si afferma proprio in quegli anni e su cui mi riprometto di tornare a breve) anche chi sta dietro ad una console verrà visto come un artista, ci sarà chi sostituirà la chitarra con un mixer.


Il disco è pieno di sorprese, che lascio a chi vorrà ascoltare con attenzione questo piccolo capolavoro dimenticato.


Il successo di I Robot verrà replicato nel 1982 con Eye In The Sky, ma questa è un'altra storia...


lunedì 26 ottobre 2015

Bentornato Adem

A distanza di 9 anni torna con un album inedito Adem. Artista turco-inglese che aveva incantato gli appassionati di musica e la critica col suo album LOVE AND OTHER PLANETS. Nella sua musica, come nella sua biografia, aleggia un qualcosa di misterioso. In questi anni ha collaborato con altri artisti e registrato un album contenti la sua personale interpretazione di brani a lui cari, come Starla di The Smashing Pumpikins e Oh My Lover di PJ Harvey. Adesso torna il suo stile malinconico ma non triste. Leggero come le nuvole la sua musica è una piuma trasportata dal vento. Fra melodie folk e indie fa veleggiare l'ascoltatore su acque tranquille trasportandolo in una dimensione parallela. La voce è chiara con delle leggere spigolosità, ricordando a tratti quella di Bono Vox. Un disco crepuscolare da ascoltare sorseggiando un calice di buon vino rosso. Come al solito chi scrive in questo blog cerca di essere il meno noioso possibile, lasciando spazio alla musica e rimandando all'ascolto del disco.
Buon ascolto!

domenica 25 ottobre 2015

Una maledetta Domenica Punk!!



  1. Personality Crisis - New York Dolls
  2. Search and Destroy - Iggie Pop & The Stooges
  3. kick out the jams - MC5
  4. Born to lose - Johnny Thunders & The Heartbreakers
  5. I wanna be sedated - The Ramones
  6. Anarchy in the UK - Sex Pistols 
  7. My way - Sid Vicious 
  8. London Calling - The Clash
  9. What a Wonderful World - Joey Ramone
  10. Lust for life - Iggie Pop
  11. Gloria - Patty Smith
  12. See no evil - Television
  13. Fix yourself up - Dee Dee Ramone
  14. We're only gonna die - Bad Religion
  15. Another night - Rancid
  16. Repeater - Fugazi
  17. Don't leave me- Green Day
  18. I turned into a Martian - Misfits
  19. The kids aren't allright - The Offspring
  20. Smooth criminal - Alien Ant farm



Il Punk è un fenomeno musicale e non solo originatosi fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti sul finire degli anni sessanta ed ancora esistente, anche se la massima espressione si è avuta verso la metà dei settanta. Il problema del Punk è che non puoi trattarlo come un normale genere musicale ed incastrarlo in un noioso articolo di un blog. Il Punk è il Punk, o lo ami o lo odi. Questo blog lo ama in tutte le sue forme o lo odia con tutte le sue forze. Fuori dalle righe, politicamente scorretto e pieno di parolacce. Un genere che rappresenta l'antimateria della musica, la contraddizione in note semplici e alla portata di tutti, oltre che uno stile di vita discutibile quanto volete. La Playlist forse farà schifo ai puristi, il vero punker avrà da ridire e dirà che manca questa o quella canzone o quel gruppo, a me non interessa, questa è la mia playlist Punk dalle origini fino ai tempi relativamente moderni. Una Playlist con le borchie e i piercing là dove non batte il Sole.

Se poi morite proprio dalla voglia di conoscere la storia, ci sono tanti dannatissimi blog e siti che la raccontano, andate a cercarla là!

Se avete voglia di ascoltare la Playlist ecco il link per Spotify.

Una memorabile esibizione
di
Sid Vicious.

Questo è il Punk!



sabato 24 ottobre 2015

2001 Odissea nell'Indie-Rock


Chiacchierando sull'Indie Rock, ascoltando una selezione degli artisti emergenti arricchita da alcune bonus track interpretate da chi si è, invece, affermato nel settore a partire dal 2001.




Playlist su Spotify
contiene tra gli altri: The Fratellis - Chelsea Dagger, The Strokes - Hard To Explain, Mgmt - Kids, Swim Deep One Great Song And I Could Change The World, Years & Years Shine, The 1975 - Chocolate, Mystery Jets - Young Love, Chvrches - The Mother We Share, Peter Bjorn and John Young Folks, Ms Mr - Hurricane, ed altre...

Come ogni classificazione, ricondurre più artisti ad un'unica grande categoria, è sempre una forzatura, soprattutto quando - come in questo caso - il nuovo genere individua principalmente l'indipendenza degli artisti, lasciando in secondo piano le caratteristiche stilistiche.



Sottofondo scelto per iniziare The Strokes - Hard To Explain tratta dall'album del 2001 IS THIS IT.
Famosi prima ancora di pubblicare un album, paladini dell’indie ma da sempre sotto contratto con una major, la loro formula è semplice: un sound sporco su melodie orecchiabili. 

L'Indie Rock si sviluppa parallelamente tra gli USA e lo UK verso la fine degli anni '80, esplodendo all'inizio del nuovo millennio, con l'improvviso formarsi di numerose band, che riusciranno a raggiungere una relativa popolarità soprattutto grazie al potenziamento graduale della rete.
La strada intrapresa da queste band fu diretta conseguenza del proliferare di numerose etichette discografiche indipendenti che videro la luce proprio in quegli anni.
Inizialmente identificato come variante dell’alternative rock, si distingue da questo per la precisa connotazione discografica nettamente contrapposta alle majors: mentre il secondo veniva sempre più ricondotto a logiche di mercato, il primo radicalizzava la sua indole anticommerciale.

Sfuggendo a criteri prettamente cronologici, la playlist prosegue con Chvrches - The Mother We Share, tratto dall'album THE BONES OF WHAT YOU BELIEVE del 2013.
Gruppo con la passione per il classico synth pop di scuola eighties, con sonorità assolutamente contemporanee.

L'Indie Rock affonda le proprie origini anche nel punk e nel grunge, essendone quasi un'evoluzione sperimentale variamente interpretata, la cui particolarità risiedeva originariamente soprattutto nell'approccio per lo più autonomo e amatoriale che si concretizzava nella produzione di registrazioni dimostrative autoprodotte.
Spesso l'approccio all'Indie Rock era - ed anche oggi continua ad essere - il preludio ad una carriera discografica nel circuito mainstream. 

Scorrendo nell'ascolto, non a caso arriviamo ai 30 Seconds To Mars - The Kill, ed ai Kasabian - L.S.F. .
Gruppi originariamente Indie e poi accolti in grande stile fra le braccia delle Majors.

Tutto cambia con l'esplosione del grunge e del britpop e la conseguente notorietà di alcune band fino ad allora sconosciute: da questo momento il termine Indie Rock comincia progressivamente a perdere quella valenza originaria di musica alternativa, venendo utilizzato per identificare un genere musicale.

Torniamo al presente con Swim Deep - One Great Song And I Could Change The World, dall'album MOTHERS del 2015.
Quintetto che ultimamente ha virato verso territori elettronici, il brano scelto colpisce per i suoni eterei, restando in bilico fra indie-pop, dance alternativa e rock progressivo.

Come detto, da adesso, il termine Indie Rock perde il suo significato originale e comincia a fare riferimento ad una nuova forma di musica più leggera, riferita principalmente a band underground, che ora può raggiungere il successo mainstream.
La cristallizzazione del genere porterà alla nascita di numerosi sottogeneri di stili correlati come l'indie pop, il lo-fi, il noise pop, ecc...

Negli ultimi anni il calo record delle vendite discografiche, la crescita di nuove tecnologie digitali e un maggiore uso della rete come strumento di promozione della musica hanno permesso che una nuova ondata di band indie rock raggiungesse il successo popolare, diventando un fenomeno non più esclusivamente anglofono.

Sulle note di Young Folks del gruppo svedese Peter Bjorn and John chiudo le trasmissioni lasciando spazio alla musica. 

mercoledì 21 ottobre 2015

Bentornato Marty McFly - BackToTheFutureDay



Lo aspettavamo da 25 anni - dopo alcuni falsi vedi il fake 21/10/2012 - è arrivato il fatidico 21/10/2015, giorno in cui il buon Marty "ritorna al futuro"!

In questa data, si sta mobilitando un po' tutto il web, dalle case automobilistiche alle squadre di calcio, con iniziative ad hoc, non volendo essere da meno, abbiamo preparato un'apposita playlist per ripercorrere il film, saltare a bordo della Delorean e dare una bella lezione a Biff!

Spaziano dagli anni '80 fino al 2015, passando per il vecchio western, versione Sergio Leone, da Beat It a MrSandman, fino alle musiche del terzo capitolo che omaggiano Morricone.

Adesso indossiamo le nostre Nike autoallaccianti e con la playlist in cuffia facciamo un giro nel nostro monopattino antigravità!


martedì 20 ottobre 2015

Quelli della notte 2a - Benjamin Clementine



At Least For Now su Spotify



Scrivo questa scheda di getto, mentre sto ascoltando l'opera prima di Benjamin Clementine, artista emergente quasi ignorato dalla grande distribuzione.

Quello che traspare sia dalle prime note è l'autenticità dell'artista, fortemente influenzato dalle proprie origini e dalle proprie esperienze di vita: nella sua musica c'è il Ghana, l'Inghilterra, la Francia, i luoghi dove ha vissuto ed ha affrontato le difficoltà di chi crede nella propria musica, quando si è il solo a farlo.

Musicalmente valido, sin dalle prime note, ci si rende conto che lo strumento che primeggia, accanto al piano, agli archi ed ai violini, è la potente voce di Benjamin, che decanta i propri versi, calandosi nel ruolo di poeta del XXI secolo che coinvolge emotivamente l'ascoltatore.

È un ascolto che spiazza, ora si avvicina alla soul music di Nina Simone, ora si sposta sui timbri della canzone francese di inizio '900, senza mai deludere e/o ammiccare al l'ascoltatore con scelte "pop-commerciali".

In cuffia suona
Gone, perfetta per chiudere ed augurare un buon ascolto notturno.

lunedì 19 ottobre 2015

Altra Playlist, altro Trip...direzione Bristol!



  1. Unfinished Simpaty – Massive Attack (1991)
  2. Hell Is Round The Corner – Tricky (1995)
  3. Roads – Portishead (1994)
  4. This Love – Craig Armstrog (1998)
  5. Gabriel – Lamb (2001)
  6. The Sea – Morcheeba (1998)
  7. Distractions – Zero7 (2001)
  8. Human – Goldfrapp (2000)
  9. Crying – Bjork (1998)
  10. Long Snake Moan – P.J. Harvey (1995)
  11. Six Underground – Sneaker Pimps (1996)

Dopo aver visitato Philadephia, Seattle ed aver fatto un salto in Norvegia, il prossimo viaggio ha come meta Bristol, ascoltando in cuffia la nostra playlist sul TripHop.

Il trip hop è quel fenomeno musicale che si è originato a Bristol intorno al collettivo della THE WILD BUNCH. Un sound system assemblatosi nel 1983, composto per lo più da dj, e che vede come protagonisti assoluti Robert Del Naja, Grant Marshall e Andrew Vowles, che formeranno i Massive Attack, forse il gruppo più rappresentativo del fenomeno.

Siamo nel quartiere di St Pauli, Bristol UK, la musica dance ha fatto il suo dovere, è ora di cambiare. Dj dalla mentalità aperta vogliono dare un contributo alla musica leggera, creare un nuovo genere, la crew suona dischi molto originali che includono brani di ispirazione punk, r'n'b e reggae, tutto viene mixato con molta classe.
Ben presto non si accontentano di miscelari brani di altri e i ragazzi della WILD BUNCH cominciano a creare qualcosa di loro, il comune denominatore è un ritmo lento, al di sotto dei 120 bpm: il trip hop è servito.

Il primo brano della playlist per inquadrare il fenomeno è "Unfinished Simpaty" tratta dal primo album dei Massive Attack, BLUE LINES, del 1991, cantata da Shara Nelson.

Nello stesso disco appare un personaggio misterioso, fuori di testa, che avrà una relazione "strana" con una cantante minorenne. Si tratta di Tricky, più o meno membro ufficiale dei Massive Attack, collabora con il collettivo ma forse non ne fa mai parte veramente. Adrian, il suo vero nome, ha una visione più introversa e radicale del fenomeno e lo esprime nel brano che lo identifica maggiormente: "Hell is Round the Corner", dall'album d'esordio MAXINQUAYE del 1995.

Il collettivo procede senza sosta, comincia a fare proseliti, sempre in area Bristol, tanto che il genere, che raccoglie anche ballerini, writer e rapper, viene ribattezzato Bristol Sound. Geoff Barrow, un polistrumentalista che trascorre la giovinezza a Portishead, si lascia trascinare dentro a questo suono cupo 
e dalle atmosfere barocche e quando in un pub conosce una cantante esile e timida, decide di dare forma ad un suo progetto personale, i Portishead. La scelta del brano dovrebbe cadere su "Glory Box", che condivide con il precedente brano il campione estrapolato da Ike's Rap II di Isaac Hayes, è inserito nella colonna sonora di "Io Ballo da sola" di Bertolucci e la scelta sarebbe troppo banale. Terzo brano della Playlist: "Roads", dal primo album dei Portishead, DUMMY.

Tanti musicisti sono attratti dal fenomeno di Bristol, a metà degli anni 90 le sirene dei musicisti
Trip Hop sono forti e irresistibili. Craig Armstrong, compositore scozzese dedito in particolare alla realizzazione di colonne sonore, cade nella "trappola" e collabora con i Massive Attack nell'album Protection e finisce con il realizzare almeno 2 album (THE SPACE BETWEEN US e AS IF TO NOTHING) di chiara ispirazione Bristol Sound. Per questo, anche per ammorbidire la playlist, darle un tono più romantico e dolce, il quarto brano è "This Love" dal disco THE SPACE BETWEEN US.

Entriamo dei primi anni del 2000, si comincia già a parlare di post Trip Hop. In effetti il fenomeno assume una connotazione più "pop", ma non perde importanza e fascino. In questo contesto mi vengono in mente 2 gruppi: i Lamb e i Morcheeba. Senza perdere tempo a presentarli, il modo migliore per conoscere la musica è ascoltarla.

Quarto e quinto brano della Playlist: Gabriel dall'album WHAT SOUND dei Lamb e Sea dei Morcheeba, inserito nell'album THE BIG CALM.

Nello stesso anno in cui viene pubblicato WHAT SOUND dei Lamb esce anche SIMPLE THINGS degli Zero7, duo musicale dedito alla musica elettronica, aperto alle sonorità degli anni 70.

Il Sesto brano è "Distraction", che accompagna la leggerezza e la raffinatezza delle canzoni precedenti, lasciando spazio ai nostri sogni.

Il trip hop acquista sempre più spessore: malinconia, tristezza, passione, amore, nostalgia e tutte le sfumature dell''animo umano vengono espresse dai suoni di questo genere che, molto probabilmente, fra dieci – quindici anni rivaluteremo, come è successo per il punk, il progressive e il rock psichedelico. Goldfrapp rappresenta bene il fenomeno e l'album FELT MOUNTAIN rende l'idea di ciò di cui parlo. Il brano scelto è "Human", per i suoi arrangiamenti molto curati.

Molto vicina a Goldfrapp è Björk. Con lei il Trip Hop esce dai confini dell'Inghilterra. Cantante, compositrice e polistrumentista abbraccia, nella sua eclettica carriera, anche il Bristol Sound. Servono poche parole: "Crying", dall'album DEBUT del 1993.

Siamo entrati nel filone femminile e in questo contesto mi viene in mente PJ Harvey, il porno del Bristol Sound, visto i suoi testi a luci rosse. Irriverente, aggressiva, mai banale. Una donna che sa il fatto suo non poteva non finire nella Playlist. Il brano: "Long snake moan" dall'album TO BRING YOU TO MY LOVE, del 1995.

Forse è il caso di stemperare gli animi e tornare alla quiete, con i piedi per terra: Sneaker Pimps "Six Underground", album BECOMING X, metà anni 90.

Alla prossima Playlist, alle prossime storie...

sabato 17 ottobre 2015

Quelli della notte.



Ho trovato l'America...in Norvegia!
Nulla di particolarmente originale, un country moderno forse già sentito, ma ascoltarli è un vero piacere.

Le vocalist statunitensi riescono ad ingannare in merito alla nazionalità del progetto - un insolito country all'americana Made in Norvegia (?!) - ben suonato, che catapulta l'ascoltatore nelle polverose strade del West, grazie anche all'uso sapiente, in chiave moderna, dell'armonica.

Una delle più interessanti uscite di questo 2015.



giovedì 15 ottobre 2015

Basteranno 20 canzoni a raccontarci il grunge?

Non serve arrivare alla fine del post...la risposta è ovviamente: no!

Ma riascoltare Kurt ed i suoi amici è un'ottima scusa per ripercorrere il fenomeno grunge, al di là se lo si voglia considerare un genere musicale o una classificazione geografica di comodo (come sostenuto da alcuni).


Tracklist:
01 - Pixies Monkey - Gone To Heaven                   11 - Mudhoney - Touch Me I'm Sick
 02 - Soundgarden - Superunknown                       12 - Nirvana - Come As You Are
  03 - Temple Of The Dog - Hunger Strike                 13 - Green River - This Town
   04 - Nirvana - In Bloom                                            14 - Pearl Jam - Even Flow
    05 - Screaming Trees - Nearly Lost You                   15 - Soundgarden - Black Hole Sun 
     06 - Stone Temple Pilots - Interstate Love Song       16 - Smashing Pumpkins - Bullet With Butterfly Wings
       07 - Bush - The Chemicals Between Us                    17 - Mad Season - River of Deceit
        08 - Alice In Chains - Man in the Box                        18 - Blind Melon - No Rain
          09 - Pearl Jam - Rearview Mirror                               19 - Pearl Jam - Whishlist
           10 -  Nirvana - Very Ape                                            20 - Stone Temple Pilots - Kitchenware & Candybars


Cercando tra le possibili cause/origini del fenomeno, da più parti, viene riconosciuto un ruolo importante ai Pixies (che non a caso aprono la nostra playlist), una delle band più importanti del movimento "indie" degli anni 80, resa ancor più popolare dopo che la loro "Where Is My Mind" fu scelta come brano principale del cult-movie "Fight Club".
Il loro sound, un mix di garage-rock, hardcore e power-pop, ha fortemente influenzato i protagonisti del grunge '90.

Tra tutti, primeggeranno (soprattutto nelle vendite) i Nirvana, resi ancor più epici dalla tragica fine di Kurt Cobain, seguiti a stretto giro dai Pearl Jam, dai Soundgarden, e via via dagli altri: Alice In Chains, Stone Temple Pilots, ecc...

Dare una definizione, cercare di tracciane i tratti distintivi, è impresa ardua e - forse - presuntuosa, attesa l'estrema eterogeneità degli interpreti, ma qui vogliamo provarci lo stesso, anche solo per il piacere di farci insultare da chi è più esperto :-)

Come detto, ogni band aveva il suo suono, contraddistinto dalle molteplici varianti di un sound duro e spigoloso, con sconfinamenti nel blues-rock e varie contaminazioni di punk-rockhard-rock e hardcore, non tralasciando l'importanza della melodia anche malinconica.

Ciò che, invece, era ben definito nel Seattle Sound era la finalità di denuncia sia sociale sia esistenziale, che non giungeva però a nessuna forma di ribellione e/o rivoluzione: cambiare le cose è la negazione stessa del grunge, che fu soprattutto un sinonimo di apatia, fatalismo, e nichilismo.

Anche stavolta, rimando qui ad Ondarock.it, dove è possibile leggere una approfondita scheda sul grunge.

Fenomeno musicale, fenomeno culturale, fenomeno generazionale, sicuramente un fenomeno da riscoprire per chi non l'ha vissuto: "...ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente..."  Kurt Cobain.

Last Time In Tv Show


p.s. una delle ultime apparizioni dei Nirvana in Tv, fu  alla fine di febbraio 1994 al programma televisivo Tunnel (Rai Tre).

martedì 13 ottobre 2015

Dischi in soffitta - gli album dimenticati


Ci sono stati nella storia della musica artisti "sfortunati", che hanno lasciato un segno indelebile nella mente e nelle orecchie degli appassionati, ma che non hanno raccolto il successo che meritavano. Musicisti poliedrici, autori dalla vena poetica, sognatori e maledetti intellettuali incapaci di comunicare con la massa.

Uno di questi è Claudio Rocchi e il disco dimenticato del mese è VOLO MAGICO N.1. pubblicato nel 1971.



Forse non il disco più bello di Rocchi, sicuramente uno dei più interessanti e che lo caratterizzano in maniera determinante.
Tra virtuosismi con la chitarra, urla strazianti e melodie in linea con le più raffinate produzioni del prog/rock britannico, il disco scivola per 36 minuti lasciando l'ascoltatore soddisfatto dell'ascolto e dispiaciuto perchè troppo breve, come breve, ma intensa è stata la vita di Claudio.

Consigliato l'ascolto con in mano un buon calice di vino e nella versione vinile, piuttosto che in quella fredda del cd, ma in mancanza di un buon giradischi anche l'mp3 di spotify rende l'idea della grandezza di questo disco.

Per avere informazioni e capire qualcosa di più di Rocchi, è interessante dare un'occhiata a questo articolo, postato su soundsblog.it .



lunedì 12 ottobre 2015

Spotify

Un blog di musica non può restare in silenzio...per questo oltre a stalkerizzare su Facebook e Twitter siamo anche su Spotify, dove saranno online le nostre playlist.

storytellers-s-playlist su spotify

Good Morning Vietnam!

domenica 11 ottobre 2015

Sul piatto gira...l'album della settimana.

Prima di svelare a chi assegnare questo "importante riconoscimento", mi preme una precisazione: l'album della settimana non è la migliore uscita della settimana, del mese o dell'anno, è soltanto l'album della mia settimana, quello che in questi giorni sta usurando la puntina del mio giradischi.

Buon ascolto.

The War On Drugs - Lost In The Dream

L'album su spotify


Uno dei più interessanti lavori di questi ultimi anni, Lost In Dream è il terzo album della band di Philadelphia, uscito nel 2014.



Nati ufficialmente nel 2005, i TWoD si sono subito fatti notare per le loro sonorità - ancora un po' acerbe -, ma che resteranno, una volta affinate, il loro marchio di fabbrica, muovendosi con disinvoltura dall'alt-folk/songwriting all'indie rock.



Qui una scheda completa sulla band, a cura di Ondarock.it.



Già al primo ascolto Lost In The Dream colpisce per la cura riservata alla parte strumentale dei brani, dove il ruolo principale viene riservato - come di consueto per i TWoD - alle chitarre, ma al di là delle analisi pseudo-tecniche, ritengo che il punto di forza resti l'atmospera volutamente "onirica", saldamente legata alla natura indie rock della band che evita sapientemente derive ambient.



I successivi ascolti consentono di scoprire numerosi richiami alla musica folk americana e non solo: soprattutto c'è tanto Tom Petty.



Il prossimo doveroso ascolto sarà on the road e sono sicuro che verrano fuori altre nuove sensazioni.