giovedì 28 gennaio 2016

Trip Hop is not dead



C'era una volta il Trip Hop, fenomeno di cui questo blog si è già occupato(qui il link per l'articolo). C'era una volta e continua ad essere grazie a personaggi come Tricky
Originariamente aggregato ai Massive Attack e considerato il quinto membro della band, senza mai farne veramente parte, si dedica subito alla carriera solista pubblicando un disco (Maxinquaye) in memoria della mamma, morta suicida quando Adrian (il vero nome di Tricky) aveva solo 4 anni.
Nella carriera di questo artista si sono susseguiti alti e bassi e, malgrado la qualità della musica  da lui prodotta non si sia mai ridotta, il grande successo non è mai veramente arrivato. Mancanza di successo, o del grosso successo, che si deve imputare alla moda, che ha metabolizzato e digerito il fenomeno Trip Hop fino a tritarlo dentro la macchina del pop. Finito nelle grinfie di produttori musicali attratti più dal danaro che dalla qualità artistica, è diventato quasi un succedaneo della musica elettronica di natura dance.
In questi giorni Tricky pubblica il suo ennesimo lavoro, che non brilla per bellezza, ma che ha il pregio di inglobare suoni di natura diversa che strizzano l'occhio all'Hip Hop, al Dub e altri suoni elettronici. Un disco dal sapore acido che è preferibile ascoltare la sera. Un prodotto diverso da quanto propone il mercato in questo momento, in attesa che i superstiti dei Massive Attack pubblichino il loro nuovo disco, atteso in questi giorni.

martedì 26 gennaio 2016

Guest Selection - Queen Forever Blog Playlist


Per ognuno di noi c'è stato un momento in cui si è concretizzata una sorta di emancipazione musicale, ovvero un momento in cui ci si è finalmente impadroniti dello stereo di casa e la conoscenza musicale non è più limitata all'italiana 60s, ma spazia verso nuovi orizzonti.
Per me la scoperta della musica passa da due cassette - antenate di ogni playlist futura - registrate dal cugino più grande (molto simile al "il mio cuggino" di Elio):
1) una raccolta di vecchi successi di Eric Clapton;
2) A Night at the Opera dei Queen;
A fine anni 80, iniziavo un percorso, caratterizzato da una estrema curiosità musicale, che mi avrebbe portato ad ascoltare e ad apprezzare i musicisti tra loro più diversi, non rinnegando Modugno, dagli AC/DC agli Radiohead e così via, conservando una sorta di rispetto reverenziale nei confronti dei Queen e dei loro album.

Intimorito dalla produzione musicale dei Queen, ho ritenuto che solo un vero esperto potesse realizzare una playlist  convincente che riuscisse a riassumere tutte le loro varie anime.

Finite le premesse, lascio la parola ad Andrea, il nostro ospite, segnatevi il suo blog: http://queen4everblog.blogspot.it/ ringraziandolo sin d'ora per il fantastico lavoro che ci ha regalato.

"...Nel corso della loro carriera i Queen hanno realizzato 14 album e un numero enorme di singoli che ormai da 40 anni li hanno resi celebri in tutto il mondo. Il loro sound è riconoscibile fin dalle prime note e anche chi non li segue assiduamente conosce i loro successi, divenuti parte integrante del mondo dello sport, della pubblicità e di una moltitudine di film e spettacoli. Freddie Mercury poi è un'autentica leggenda, la tipica icona che trascende l'ambito musicale e fa parte dell'immaginario collettivo. Di più, i Queen sono un caso unico, perché tutti e quattro i membri hanno contribuito al successo senza tempo del gruppo e ancora oggi sono ammirati da altri musicisti e continuamente omaggiati. E, come tutti i grandi, anche i Queen hanno subito uno strano fenomeno, per cui le tantissime hits hanno in qualche modo offuscato molte altre canzoni, poco conosciute dal grande pubblico, ma spesso amatissime dai fans. Si tratta di quei brani che non hanno mai trovato spazio sui 45 giri o nelle setlist dei concerti o che, più semplicemente, sono rimaste nascoste tra i solchi degli album come veri e propri diamanti tutti da scoprire. Proviamo quindi con la playlist che segue a sondare la storia musicale dei Queen tralasciando per una volta canzoni storiche come Bohemian Rhapsody e Radio Ga Ga. Sarà un viaggio alla (ri)scoperta dei Queen meno famosi, con uno sguardo finale a quanto accaduto dopo la scomparsa di Freddie.

1) Keep Yourself Alive (1973 – da Queen). Tutto è iniziato da qui. Anche se prima dei Queen, tutti e quattro i componenti della band hanno avuto le rispettive esperienze musicali, questa canzone è davvero la prima manifestazione sonora della band. Scritta da Brian May, che la propose a Freddie e Roger Taylor già nel 1970, ha attraversato tre anni fatti di sperimentazioni e vari rimameggiamenti, che però non hanno mai del tutto soddisfatto il gruppo. Ma è anche la prima traccia dell'album che ha segnato l'esordio discografico dei Queen, una sorta di dichiarazioni di intenti di ciò che Freddie e soci volevano essere: una band hard-rock, che faceva della potenza e dell'eleganza i suoi tratti distintivi.

2) White Queen (1974 – Queen II). La band registrò il primo album tra enormi difficoltà tecniche e finanziarie, addirittura potendo sfruttare la sala di registrazione nei pochi momenti lasciati liberi da altri artisti (il che solitamente accadeva nel cuore della notte o la mattina presto). Con il secondo album il gruppo poté disporre di maggiore autonomia e ciò li indusse a sviluppare un progetto più articolato che portò alla pubblicazione di un vero e proprio concept album, che giocava sul contrasto tra bianco e nero, luce e oscurità. Il lato A, in questo caso chiamato White Side, comprendeva composizioni scritte da Brian May e White Queen rappresenta il momento forse più importante del lavoro fatto dal chitarrista fino a quel momento. Scritta quando era ancora uno studente del liceo, White Queen è il racconto di una dea/regina, sviluppato da Brian come omaggio a una ragazza di cui era innamorato ma alla quale non ebbe mai il coraggio di dichiararsi. Soprattutto dal vivo è un pezzo che raggiunge una grande drammaticità e che avrebbe meritato maggiore attenzione di pubblico e critica.

3) The March Of The Black Queen (1974 – Queen II). Il lato nero (Black Side) di Queen II fu scritto interamente da Freddie Mercury. Nei primi anni '70 le sue composizioni avevano forti richiami col mondo fantasy, alla Tolkien, in cui i protagonisti sono orchi famelici, fate e re tiranni. Questo brano è la perfetta antitesi del pezzo scritto da Brian: ricco di sonorità e stratificazioni, per i fans è la prima versione embrionale dei concetti poi magnificamente rappresentati in Bohemian Rhapsody. E, proprio come nel caso del capolavoro del 1975, anche per questa canzoni i nastri vennero sovra-incisi talmente tante volte da rischiare di sgretolarsi letteralmente tra le dita. Il risultato è una corsa folle tra cori, armonie e un panorama sonoro che ancora oggi riesce a sorprendere ad ogni nuovo ascolto.

4) Now I'm Here (1974 – Sheer Heart Attack). Il terzo album dei Queen fu il tentativo dichiarato di realizzare un disco di canzoni, più immediato e diretto rispetto al precedente, ma senza rinunciare alle continue elaborazioni e sperimentazioni sonore divenute ormai un marchio di fabbrica della band (assieme all'ostentata dichiarazione “no synth”). Fu anche un disco complicato dalle difficoltà fisiche di Brian May, costretto in ospedale da vari problemi di salute e dalla necessità di non tralasciare l'aspetto live della loro carriera. Tuttavia il risultato è un disco potente, estremamente vario, capace di preannunciare molte delle cose che i Queen avrebbero fatto di lì a poco. Il brano scelto per rappresentare il disco è una composizione scritta da Brian May dal suo letto d'ospedale e che racconta le imprese della band durante il tour americano che li vide come supporter dei Mott The Hoople. Anche in questo caso, è dal vivo che ha assunto nel corso degli anni un ruolo da protagonista in ogni concerto della band, fino all'ultimo tour nel 1986.

5) I'm In Love With My Car (1975 – A Night At The Opera). Un altro punto di forza dei Queen, un'altra caratteristica unica, è il fatto di avere nella line-up non uno, ma ben tre cantanti in grado di contribuire ai cori e di cantare singole canzoni con credibilità ed efficacia. Soprattutto la voce aspra e potente di Roger Taylor è sempre stata un elemento fondamentale, con la sua capacità di amalgamarsi perfettamente al ventaglio pressoché infinito di colori della voce di Freddie Mercury, tanto in studio quanto dal vivo. Roger inoltre ha scritto veri e propri capolavori, come Radio Ga Ga e A Kind Of Magic, mentre con l'inno hard rock intitolato I'm In Love With My Car celebra l'amore per le automobili. Il brano venne utilizzato come lato B del singolo Bohemian Rhapsody, uno dei più venduti di sempre nella storia della musica, suscitando non pochi problemi con Brian e John, in qualche modo esclusi dai lauti guadagni. Ma il brano non è da sottovalutare e, anzi, merita enorme considerazione essendo tra i più aggressivi mai incisi dai Queen.

6) Teo Torriatte (1976 – A Day At The Races). Chi conosce i Queen sa quanto fu importante il rapporto con il Giappone. In Oriente la band è stata amata fin da subito, tanto da essere accolta in ogni tour con autentiche scene isteriche, in puro stile Beatles! Freddie in particolare ha amato l'arte di quel paese, diventando un accanito collezionista delle famose ceramiche giapponesi e facendo suo, anche sul palco, lo stile elegante e raffinato del Giappone, sfoggiando dei kimono e altri orpelli tipici. E proprio per rendere omaggio a quella terra, Brian May scrisse questo brano, una sontuosa ballata con frasi in giapponese e cori perfetti per le grandi arene.

7) Spread Your Wings (1977 – News Of The World). John Deacon era il tipico bassista delle rock band. Preciso e taciturno, se ne stava sul palco (e in sala di registrazione) facendo della discrezione la sua arma vincente, unita a una straordinaria competenza nel campo dell'elettronica. In più ha scritto canzoni come Another One Bites The Dust e I Want To Break Free, che hanno letteralmente consegnato ai Queen un successo planetario anche nei difficili anni '80. Nel disco, che comprendeva inni come We Will Rock You e We Are The Champios, John si cimentò con una ballata davvero poco conosciuta ma che per i fans rappresenta forse il suo vero capolavoro. È un vero e proprio racconto che ha per protagonista un ragazzo in cerca della propria strada, che nel frattempo lavora in un bar dove riceve i consigli del titolare che lo incita a spiccare il volo. Musicalmente è la rappresentazione di ciò che i Queen saranno per tutta la loro carriera, una band capace di sfornare ballate che il pubblico non può fare a meno di cantare.

8) Mustapha (1978 - Jazz). Fino al giorno della sua morte, Freddie Mercury è stato considerato un mistero. Estremamente schivo nella propria vita privata, che ha sempre cercato di custodire tenendo lontani i riflettori, non ha mai davvero raccontato molto di sé e delle sue origini. Questo brano tuttavia affonda direttamente nelle radici più antiche e oscure di questo ragazzo nato nell'isola di Zanzibar e di fede Zoroastriana. Il brano, caratterizzato da continui rimandi alle tipiche sonorità arabe, è cantato in un dialetto (il Parsi) conosciuto solo da una manciata di persone in tutto il mondo e richiama le tradizioni dell'antica Persia, dove il culto di Zoroastro mosse i primi passi prima ancora dell'avvento delle tre grandi religioni monoteiste. Si tratta di un “folle divertimento”, un gioco sonoro realizzato con incredibile serietà e maestria. Una di quelle cose che se fatte da altri potrebbero apparire solo bizzarre e dimenticabili, ma che nelle mani (e nella voce) di Freddie diventa puro genio.

9) Play The Game (1980 – The Game). La nuova decade per i Queen si aprì con la voglia e la necessità di rimettere in discussione tutto quanto fatto fino a quel momento. I membri della band sono sempre stati consapevoli che per durare non potevano fossilizzarsi sullo stesso genere, sebbene collaudato e dal sicuro successo. Così nel 1980 pubblicarono The Game, che modificava radicalmente il loro stile, anche con l'introduzione dei sintetizzatori, fino a quel momento ostinatamente rifiutati. Il disco conteneva pezzi memorabili come Another One Bites The Dust e Crazy Little Thing Called Love. L'apertura dell'album era invece affidata a questa ballata in puro stile Mercury, una nuova dichiarazione di intenti sonora di quello che sarebbe stato da allora in poi il percorso musicale dei Queen.

10) Life Is Real (1982 – Hot Space). Freddie Mercury definì questa canzone come una ballata alla John Lennon, a cui il brano è effettivamente dedicato. Per il loro nuovo album, che soprattutto sul primo lato proponeva numerose sperimentazioni in chiave funky, Freddie propose questa intensa composizione che celebrava il genio di Liverpool e che resta anche oggi un omaggio emozionante, portato in giro nei teatri da Brian May assieme alla cantante Kerry Ellis in una magnifica versione acustica.

11) Machines (1984 – The Works). I Queen hanno sempre amato la fantascienza, soprattutto Brian May che dopo il brano '39 del 1975 (in cui esplorava le possibilità dei viaggi nel tempo), scrisse assieme a Roger Taylor questa canzone interamente dedicata al mondo dei computer. A metà degli anni '80 l'idea che le macchine potessero prendere il sopravvento sull'umanità era parecchio diffusa grazie a libri e film che trattavano l'argomento. La band non si sottrasse alla fascinazione dell'argomento con questo brano rock, caratterizzato da batteria e chitarra sapientemente mescolate con abbondanti dosi di elettronica, divenute ormai l'ennesimo tratto distintivo della nuova musica dei Queen.

12) One Year Of Love (1986 – A Kind Of Magic). Dopo un album/colonna sonora come Flash Gordon (uscito nel 1980), i Queen tornarono a praticare i sentieri del cinema grazie al film Highlander per il quale scrissero alcuni brani poi finiti sul disco, che rappresentò un supporto formidabile per il leggendario Magic Tour, l'ultimo fatto assieme a Freddie Mercury. Nella setlist dell'epoca mancava però questo pezzo amatissimo dai fans, una composizione atipica scritta da John Deacon, a cui è legato anche un aneddoto poco conosciuto: non del tutto soddisfatto dell'assolo inciso alla chitarra da Brian May, il bassista chiese al sassofonista Steve Gregory di registrare la versione definitiva della canzone. È probabilmente una delle ballate più romantiche mai apparse su un album dei Queen. 

13) Was It All Worth It (1989 – The Miracle). Dopo tre anni di assenza dalle scene, durante i quali molti erano convinti che i Queen ormai non esistessero più, la band tornò a conquistare il mercato discografico con un album che coniugava perfettamente le esperienze più pop ed elettroniche degli ultimi anni con un ritorno al rock duro dei primi tempi. Da The Miracle furono estratti ben 5 singoli, mentre rimase nell'ombra la traccia conclusiva del 33 giri. Scritta da Freddie Mercury (anche se accreditata a tutto il gruppo) è forse il vero testamento spirituale del frontman, che ripercorre idealmente tutta la carriera dei Queen per giungere alla conclusione che si, fare tutto questo ne è valsa davvero la pena. 

14) These Are The Days Of Our Lives (1991 - Innuendo). Quando uscì il nuovo album dei Queen nel 1991 in pochi sapevano che quello sarebbe stato l'atto conclusivo di una carriera immensa, sebbene le voci sullo stato di salute di Freddie si rincorressero sulla stampa scandalistica già da tempo. Questo brano, in realtà scritto da Roger Taylor nella sala d'attesa di un aeroporto e pensato come una sorta di lettera per i figli a cui raccontare la propria vita, divenne per forza di cose l'ennesimo testamento musicale di Freddie, soprattutto grazie allo struggente video che lo vede per l'ultima volta protagonista con una performance sofferta eppure meravigliosa nella sua semplicità. Anche in questo caso parliamo di una canzone poco nota al grande pubblico ma che non smette di emozionare i fans di tutto il mondo per la profondità del testo e la delicatezza sonora.

15) Mother Love (1995 – Made In Heaven). Nonostante la malattia lo avesse seriamente debilitato, Freddie non ha mai smesso di incidere musica, anche dopo la pubblicazione di Innuendo. La sua idea era di lasciare ai fans e ai Queen materiale sufficiente per pubblicare un altro album. Il risultato arrivò solo nel 1995 e Mother Love, scritta a quattro mani con Brian May, fu il risultato della volontà di Freddie di poter cantare un brano in stile Wicked Game di Chris Isaac (e, in effetti, le similitudini sonore non mancano). Si tratta di una vera e propria poesia, un'invocazione affinché tutto il dolore possa sparire con un'ideale ritorno nel grembo materno. Non la stanca resa alla malattia, ma l'accettazione della propria condizione, un atto di forza potente almeno quanto la lotta stessa al male. Stranamente, pur essendo uno dei pochi veri inediti presenti sul disco, di Mother Love non è mai stato tratto un singolo e forse per questo pur essendo un autentico e atipico capolavoro nella discografia dei Queen, resta tra i brani meno conosciuti dal grande pubblico.

16) No-One But You (1997 - Rocks). I Queen senza Freddie Mercury non possono esistere. Questa è una delle frasi più ricorrenti che i fans, la critica e la stessa band hanno pronunciato più volte dopo il 1991. Eppure esiste una storia post Freddie che merita di essere raccontata e conosciuta. Questo singolo, unico inedito per la raccolta Rocks, vede la band nella formazione originale, con al basso per l'ultima volta John Deacon, che di lì a poco sceglierà di ritirarsi dalle scene. Cantata da Brian e Roger, è una ballata in perfetto stile Queen nonostante l'assenza di Freddie ed è dedicata a lui e a tutti quei grandi personaggi scomparsi troppo presto.

17) We Believe (2008 – The Cosmos Rocks). L'incontro con il cantante Paul Rodgers segnò l'inizio di una vera e propria nuova fase nella carriera dei Queen. Assieme all'ex leader dei Free e Bad Company si imbarcarono in un tour celebrativo e il successo ottenuto li spinse a mettersi alla prova anche in studio. Il risultato fu un album passato pressoché inosservato e il più delle volte stroncato dalla critica. Eppure si tratta di un lavoro interessante, splendidamente suonato e con alcune canzoni che avrebbero meritato ben più fortuna. Tra queste c'è sicuramente We Believe, scritta da Brian May e ispirata alle sue lotte animaliste, che lo hanno reso tra i promotori più importanti per la salvaguardia dell'ambiente nel Regno Unito e non solo. Tuttavia il mancato successo segnò la fine della collaborazione con Rodgers, ma non dei Queen, da qualche anno ormai ritornati con ancora maggiore determinazione (e successo) assieme al nuovo frontman Adam Lambert.

18) Let Me In Your Heart Again (2014 - Forever). Consapevoli che il pubblico vuole soprattutto la voce di Freddie Mercury, meno di due anni fa la band ha dato alle stampe con la nuova casa discografica (Universal) la raccolta Forever che contiene anche tre inediti o semi-inediti. Tra questi spicca una sontuosa ballata scritta originariamente da Brian May per un progetto discografico della sua attuale moglie, l'attrice Anita Dobson. Il brano, pensato per The Works, venne tuttavia  accantonato e di fatto dimenticato negli sterminati archivi della band. Fortunatamente, la recente riscoperta dei nastri dell'epoca ha consentito la pubblicazione di questa canzone, ingiustamente rimasta chiusa nei cassetti e che fa ben sperare per il futuro...".


sabato 23 gennaio 2016

Album della Notte 3a - SaffronKeira Synecdoche


Dopo aver vagato verso altre sonorità, torniamo finalmente alle atmosfere notturne, che fin dall'inizio di questa esperienza avevano caratterizzato le nostre selezioni musicali.

La scelta di questo album deve essere considerata la naturale prosecuzione delle prime due parti della sezione "AlbumDellaNotte", dove avevamo ascoltato i The Last Hurra!! e Benjamin Clementine; in questo caso a colpirci è stata l'estrema eleganza che contraddistingue l'album di SaffronKeira.

Breve parentesi, chi è o chi sono o cosa sono SaffronKeira? Visto che per la prima volta Wikipedia non è corsa in nostro aiuto, abbiamo dato uno sguardo alla meta preferita di ogni stalker digitale, Facebook, qui le nostre domande hanno trovato le attese risposte: SaffronKeira è un progetto partorito nel 2008 dalla geniale mente di Eugenio Caria - l'alter ego di SK -, caratterizzato da una estrema libertà creativa, come testimoniano anche i lavori precedenti all'album oggi proposto.
L'album si compone di 11 tracce, molto diverse tra loro (dall'elettronica al TripHop), di cui ben 9 frutto di collaborazioni con altri artisti che accentuano l'eterogeneità del risultato finale.
Ma adesso silenzio, lasciamo spazio alla musica ed alle sue atmosfere.
Buon ascolto notturno!
P.S. copertina a schermo intero dovuta quale migliore interpretazione del concetto AlbumDellaNotte!

venerdì 22 gennaio 2016

Black Sheep Boy, l'album del successo

La copertina originale del 2005
È quasi una moda quella di ristampare un disco per celebrarne dieci anni di vita. Lo hanno fatto i Pearl Jam con Ten, per esempio, e adesso è il turno degli Okkervil River, seppur con modalità e pretesti differenti. La band degli States che si è formata nel 1998 e che ha dovuto girare tutto il Texax prima che la Jagjaguwar, piccola etichetta dell'Indiana, si accorgesse di loro, ripropone in questi giorni l'album "Black Sheep Boy". Pubblicato originariamente nel 2005, è stato il terzo lavoro del gruppo e il loro primo grande successo. 
La banalità non ha mai fatto parte degli Okkervil River che fin dagli esordi, con l'Ep autoprodotto "Bedroom", hanno riscosso consensi e affascinato gli attenti ascoltatori.  
Un elettro-folk molto ben curato, quello di "Black Sheep Boy", dalle liriche piene di fantasia e frutto del talentuoso songwriter e cantante Will Sheff.
Disco autobiografico, praticamente un concept album, che tratta di come il protagonista si sia liberato della dipendenza dall'eroina. Tutto nasce dalla canzone originariamente scritta dal folf singer Tim Hardin, presente come prima traccia del disco. Il "Black Sheep Boy" è costantemente presente nelle canzoni del disco e molti versi sono le parole dello stesso personaggio che emerge all'improvviso e che si vuole rendere protagonista a tutti i costi.
Copertina della ristampa Dicembre 2015
Disco in cui il concetto di viaggio è sempre presente, ma ancora più presente è il senso del ritorno. Ritorno ad una vita priva di dipendenze. Ritorno alla libertà. Ritorno alla musica. Ritorno alla musica, perché nel 2004 la band aveva deciso di abbandonare la scena a causa del successo che non arrivava. Dopo qualche mese di silenzio, la band si riunisce, nasce "Black Sheep Boy" e arriva quello che i tre ragazzi texani inseguivano da qualche anno, coscienti del loro immenso talento.
A voi la Playlist dell'album, che è non una semplice ristampa del disco del 2005, ma un triplo LP (Cd doppio) in cui vengono pubblicati dei brani inediti, composti un anno prima della pubblicazione di "Black Sheep Boy", che hanno avuto il ruolo di illuminare il cammino artistico dei tre ragazzi per la realizzazione dei brani definitivi dell'album, buon ascolto.


mercoledì 20 gennaio 2016

Il 2015 su Ondarock

Qui la playlist su Spotify
Anche quest'anno Ondarock.it propone - qui - una playlist con la musica più interessante pubblicata lo scorso anno.
Come prevedibile, il risultato è molto eterogeneo e molto vario, difficilmente chi l'ascolta non troverà almeno un paio di brani di suo gradimento.
In ogni caso l'operazione, offrire una vetrina al meglio del 2015, è utile per scoprire qualche album sfuggitovi, infatti il consiglio è di passare dall'ascolto del singolo brano a quello del disco da cui è tratto (piacevole scoperta il disco di Mark Ronson).
"...Dalle ballate noir di Lana Del Rey in Luna di miele al folk spoglio del Sufjan Stevens di "Carrie & Lowell" che ha sedotto il forum, dalle atmosfere trasognate di Julia Holtere Susanne Sundfør alle rivelazioni Algiers e Aisha Devi, dalla stella nera di Chelsea Wolfe e Soft Moon al folgorante debutto di Benjamin Clementine, primo disco del mese dell'anno e preferito della redazione: una lunga carrellata che cerca di ripercorrere, attraverso le preferenze di OndaRock, anche i generi più interessanti emersi in un anno segnato da importanti ritorni e da alcuni giovani talenti da tenere d'occhio...".
Un avviso doveroso: nella playlist troverete solo musica, quindi non ci sarà traccia dei prodotti meramente commerciali che ci propinano le varie radio, che nulla hanno a che fare con la musica se non l'uso strumentale - gioco di parole non a caso - delle sette note.
Buon ascolto e grazie ad Ondarock!

martedì 19 gennaio 2016

Il portiere dell'Hotel California

I grandi personaggi della musica sembra si stiano dando appuntamento in Paradiso
Dopo la perdita di Bowie di qualche giorno fa, oggi, a lasciarci, all'età di 67 anni è Glenn Frey, chitarrista e fondatore, assieme a Don Henley, Bernie Leadon e Randy Meisner, degli Eagles
Questo triste evento per la musica, può trasformarsi in un pretesto per riascoltare non solo i successi degli Eagles, fra tutti l'intramontabile Hotel California, ma anche brani appartenenti a band della stessa area. Gruppi ancorati a quel sound tipico degli States che profuma di polvere e asfalto. 
I Toto, la Steve Miller Band, ma anche i Dire Straits, infatti, hanno sempre dato l'idea di grandi carovane in movimento continuo, alla ricerca dell'avventura o di un palco su cui piazzare il tendone del grande circo della musica.
Dopo tanto girovagare, Glenn, avrà trovato il suo palco definitivo. Non avremo la possibilità di sentirlo dal vivo mai più, ma lui resterà sempre con noi. Ciao Glenn...
Qui sotto la Playlist dedicata a Glenn Frey e il video di una delle più belle versioni LIVE degli Eagles

domenica 17 gennaio 2016

La Playlist del Megafono - Nessun Alibi

Il 15 Gennaio è uscito il nuovo singolo - qui su Spotify - di Daniele Silvestri, a breve seguiranno album (l'ultimo S.C.O.T.C.H. è uscito nel 2011) ed un attesissimo - almeno da me - tour.
Non avendo altri indizi verso quale musica si dirigerà il nuovo lavoro di Silvestri, per adesso possiamo solo cogliere una citazione, voluta o meno, verso le sonorità tipiche dei poliziotteschi ( c.f.r. Calibro 35 - Italia a mano armata)
“Mi sono ritrovato sommerso da un entusiasmo e da una voglia di fare musica che non sentivo da tanto – ha raccontato Daniele annunciando l’uscita del disco - forse dai tempi de “Il dado”, la stessa energia e la stessa urgenza creativa”.
E continua: “Da una parte c'è il suono il "sound" si direbbe, che è quello della band "inventata dal nulla" la scorsa estate, con cui ho registrato la maggior parte delle tracce di questo corposissimo disco che sto finendo in questi giorni. Dall'altra la mia personale infatuazione per il gioco quasi enigmistico nell'uso delle parole, le assonanze, le allitterazioni... E infine il tema, più o meno sotterraneo: la politica dell'emergenza, perfetto alibi per le peggiori malefatte perpetrate nel nostro paese (e non solo). Dalle truppe russe sul suolo ucraino, al nostro terzo governo consecutivo senza passare per il voto. E in questo scenario tanti personaggi di chiarissima fama e scarsissimi scrupoli che sembrano svolazzare lieti e intoccabili, leggeri e rapidi come colibrì che succhiano il nettare ovunque ne trovino, tanto hanno sempre un alibi pronto da esibire all'occorrenza.”

Spulciando tra le varie news su Silvestri, dando libero sfogo allo stalker che c'è in ognuno di noi e che trova nella rete il suo habitat ideale, ho trovato sul profilo Spotify dell'artista una playlist - Qui il link su Spotify - da lui compilata.
Fingendo che l'abbia preparata per il nostro blog :-) vi auguro buon ascolto!

sabato 16 gennaio 2016

Toga Toga Toga!!

Qui la playlist su Spotify
Animal House ha creato il mito dei toga party, guardando le (dis)avventure della confraternita DeltaTauChi, un po' tutti -da liceali- abbiamo aspettato l'università e le sue feste "a sbarco", sperando che Blutarsky non distruggesse l'appartamento.
Voglio schivare qualsiasi operazione nostalgia omettendo i racconti su cosa si organizzava, in ogni caso era impossibile essere al livello di Blutarsky e co.
Quello che resta è sempre la musica, per questo abbiamo cercato di ricostruire quale potrebbe essere stata la scaletta musicale del TogaParty organizzato alla Delta House; nonostante la pellicola di John Landis sia ambientata nel 1962, abbiamo messo da parte qualsivoglia rigidità cronologica, lasciando libero sfogo ad una sana ispirazione anacronistica.


Apriamo con Shout degli Isley Brothers e mandiamo tutti a casa con Let's Stay Togheter di Al Green, in mezzo il sano Rock&Roll di Little Richard, di Carl Perkins, surfando con i fratelli Wilson.
La musica in quegli anni iniziava a rappresentare la voglia di cambiamento e di ribellione delle nuove generazioni, attirando l'ostilità di chi non riusciva o non voleva comprendere il ruolo che la musica si apprestava a ricoprire.
Eravamo, siamo e saremo una gioventù bruciata!

mercoledì 13 gennaio 2016

1977

Il 1977 è stato un anno di transizione per la musica. Il Prog-Rock è stato definitivamente soppiantato dal Punk. Si affaccia alla porte la New Wave di David Bowie e Brian Eno, che pubblicano delle vere e proprie perle della musica rock, destinate a lasciare il segno e ad aprire nuovi sentieri musicali. David Bowie apre la sua "trilogia berlinese" con Low, che viene pubblicato nel Gennaio del 1977, cui segue a fine anno "Heroes", la trilogia verrà chiusa nel 1979 con "Lodger". Brian Eno non è da meno, trasferitosi a Berlino con gli amici Bowie e Fripp concepisce "Before And After Science".
Ancora, nello stesso anno è da segnalare la pubblicazione di "News Of The World", sesto album dei Queen, all'interno del quale si trovano le 2 tracce più note della band: "We Will Rock You" e "We Are The Champion".
Resiste ancora il filone della musica psichedelica, soprattutto grazie ai Pink Floyd, ispirati in quell'anno da "La Fattoria degli Animali" di George Orwell, in un disco che si prende una pausa dal grande successo (non ancora esaurito) di "The Dark side Of The Moon" e "Wish You Were Here", anticipando le sonorità di "The Wall".
La Disco Music intanto impazza e la "febbre del sabato sera" trasforma tutti gli uomini normali in provetti ballerini.
In tutto questo trambusto nel sottosuolo, a fare più rumore di tutti ci sono i gruppi Punk che salgono sul palco mostrando (solo a scopo provocatorio) svastiche e mostrando magliette con scritto "Io Odio i Pink Floyd".
In Italia?  "Amarsi un po'" di Lucio Battisti è in vetta alle classifiche di vendita e gradimento e le hit parade sono piene di Celentano, Iva Zanicchi e Memo Remigi. Nella Playlist di oggi non ci finirà nessuno di questi.. ma Alan Sorrenti con "Figli delle Stelle", dall'album omonimo in cui il cantautore dopo i fasti del periodo progressivo si dedica ad un sound più orecchiabile, in pieno stile da sala da ballo e quindi decisamente più pop.


Intanto, nell'Agosto di quell'anno, lascia questa Terra il Re, Elvis Presley, e la Playlist si chiude proprio con lui..
Buon Ascolto

lunedì 11 gennaio 2016

Il Duca Bianco è tra noi!

Qui la playlist su Spotify



Tre giorni fa aveva compiuto 69 anni, nello stesso giorno era uscito Blackstar, il suo ultimo album, resterà il suo testamento.
La sua personalità artistica si è affermata attraverso tante "personalità" e tante "trasformazioni ". 
Il primo dei suoi alter ego scenici, Ziggy Stardust, un extraterrestre bisessuale e androgino trasformato in rockstar, fra teatro kabuki e fantascienza, fece di Bowie un portavoce della libertà sessuale. Ma è solo uno dei tanti alter ego di Bowie, da Aladdin Sane al Duca Bianco, una continua reinvenzione di se stesso che gli ha permesso di mostrare varie sfaccettature della sua arte nel corso della sua prolifica carriera. 
Resterà uno dei pochi artisti in grado di conciliare rock e teatro, pop e avanguardia, ambiguità sessuale e arti visive, trasgressione e letteratura.
Ma l'unico modo per raccontare un musicista é lasciare spazio alla sua musica.
#siamoinonda.

sabato 9 gennaio 2016

Playlist 2016

1) Nulla Fermera Il Talento e La Passione
post 09/01/2016


2) Il Duca Bianco è tra noi
post 11/01/2016

post 16/01/2016

post 17/01/2016


post 19/01/2016


post 20/01/2016


post 26/01/2016


post 02/02/2016

Nulla fermerà il talento e la passione!

Il New York Time, qualche anno fa, lo ha definito uno dei song-writer più talentuosi degli ultimi tempi.


Ha suonato con Bono, Bruce Springsteen, Pete Townshend, Lou Reed, Jim Jarmush e tanti altri.

Pubblica il suo primo album nel 1981, poi, per problemi legali con la casa discografica, resta al palo per 10 anni e si ripresenta al pubblico solo nel 1991 con l'album "Streets Of New York", grazie al quale riceve diversi riconoscimenti.

È con l'album "American Ride" del 2013 che sbanca. Considerato, fra le altre cose, "Best Rock Album of the Year", è, forse, il disco che più lo rappresenta. Disco solido, senza una traccia "debole", colpisce dal primo brano e si ascolta fino alla fine senza mai stancare.

Il personaggio misterioso di oggi è Willie Nile, sfortunato e talentuoso artista newyorkese, legato al folk americano e amante della musica rock fino al midollo.

Un grande performer dal vivo, grazie anche alla sua capacità di suonare diversi strumenti, scrive liriche originali e orientate verso il concetto di viaggio. 

Un ascolto leggero, ma pieno di entusiasmo e passione e, se volete, ad un prezzo irrisorio, viene anche a suonare a casa vostra! (vedi sito ufficiale...)


Willie Nile sul palco in compagnia del Boss

martedì 5 gennaio 2016

Playlist 2015

1) Il Grunge - Part I
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10) O.S.T. Bside
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