giovedì 18 febbraio 2016

Guest Selection - Withoutmusicians.it svela i capolavori del 1967!




Dopo le precedenti collaborazioni con altri appassionati di musica, oggi abbiamo il piacere di ospitare sul nostro blog, la selezione scelta da i redattori del sito withoutmusicians.it (clicca qui per visitare il loro spazio web) sui Capolavori del ’67, lascio la parola a loro ed alla buona musica del 1967!


Forse non tutti lo sapranno, ma il ’67 fu l’anno del rock. Una serie di fattori artistici e sociali si intrecciarono in quel preciso periodo storico determinando così la nascita di uno dei momenti creativi più fiorenti di tutta la storia del Rock. Nell’arco di alcuni mesi vennero rilasciati alla stampa alcuni degli album che avrebbero caratterizzato il sound di tutto il decennio successivo.
Partendo dalla sponda Uk ovviamente non si può non menzionare Il Sgt. Pepper dei Beatles (il disco che segnò la svolta psichedelica del gruppo di Liverpool). Da segnalare poi l’esordio dei Pink Floyd, The Piper At The Gates Of Dawn, l’album che aprirà la vera e propria strada alla psichedelica dei primi anni ’70. Perché se è vero che il Sgt Pepper rappresenta una sorta di compromesso tra il merseybeat e il psychedelic rock, non si può dire altrettanto del primo lavoro dei Pink Floyd nel quale si fondono i tre grandi filoni americani di questo genere: quello astratto, quello rumoroso e quello melodico.

Il ’67 nel Regno Unito è anche l’anno di David Bowie, il quale consegnerà alle stampe il suo omonimo esordio. Certo, queste prime canzoni non reggono il paragone con gli altri lavori che lo seguiranno, ma David Bowie rimane un disco da ascoltare almeno una volta nella vita. Spostandoci poi geograficamente verso nord dobbiamo ricordare un disco che ha una certa affinità con l’ultimo elencato. Stiamo parlando di Mellow Yellow del cantautore Donovan, conosciuto ai più per il suo rapporto con Dylan (e per averne emulato per lungo tempo le gesta). Questo suo quarto disco rappresenta certamente la vetta artistica di tutta la sua carriera.

E’ pero negli Stati Uniti che questo fenomeno creativo raggiunge il suo apice. Indipendentemente dal credo politico, è infatti innegabile che i moti giovanili del ’67 siano stati anch’essi un effetto di questo esasperato dinamismo sociale. In America, più di ogni altra nazione, si creò una versione assolutamente idealizzata di quella calda estate di quell’anno (la cosiddetta Summer Of Love) che però rendeva bene l’idea di come i ragazzi nati negli anni ’50 desiderassero il mondo. Io, lo specifico sempre, mi distacco culturalmente da questi moti studenteschi.

Ad ogni modo in quella calda estate dell’amore furono rilasciati alcuni fra i dischi più rivoluzionari di sempre. Ovviamente stiamo parlando dell’esordio dei Velvet Underground, un album che racchiudeva al suo interno la quintessenza della scena underground di New York. Quel disco narrava con un realismo ed un cinismo angosciante e spasmodico la vita nei sobborghi della Grande Mela.

I’m waiting for my man
Twenty-six dollars in my hand
Up to Lexington, 125
Feel sick and dirty, more dead than alive

Sempre in quello stesso periodo vanno poi ricordati altri due grandi album: l’esordio omonimo deiDoors e Are You Experienced? di Jimi Hendrix. Il primo ha sostanzialmente reinventato il concetto di musica rock così come oggi la conosciamo. The Doors è infatti un album tetro, decadente, visionario che si distanzia per infinite galassie dal merseybeat e da quel rock-pop primigenio che stava spopolando nel Regno Unito.


Are You Experienced? è il capolavoro della carriera di Jimi Hendrix, un disco che contiene al suo interno alcuni tra i suoi pezzi migliori (Foxey Lady – Purple Haze su tutte).

Una menzione particolare va poi a Younger Than Yesterday dei Byrds (probabilmente il loro album più riuscito) e a Forever Changes dei Love. Ah, senza poi dimenticare i vari Buffalo Springfield,Jefferson Airplane (probabilmente uno dei gruppi che incarna maggiormente l’essenza del ’67 e che proprio quell’anno fece uscire ben due dischi), i Beach Boys di Smiley Smile, Goodbye And Hello di Tim Buckley e la psichedelica dei The 13th Floor Elevators.

domenica 7 febbraio 2016

L'arte del Concept Album





In una precedente Playlist mi sono occupato di Rock Progressivo e Rock Psichedelico. Esaurire il discorso sugli anni d'oro della musica rock, fine anni '60 e prima metà dei '70, con un solo articolo non è sufficiente. Dato che questo blog nasce con l'idea di parlare di musica e di far parlare la musica di se stessa, sembrava brutto interrompere a metà la storia ed è quindi opportuno e doveroso affrontare il tema del concept album.
A seguito dell'intuizione che la musica Rock poteva non essere semplice strumento di intrattenimento per le masse, come voleva originariamente il sistema del Rock n' Roll, in cui il cantante era prima divo e poi anche musicista, ma piuttosto un pretesto per riunire bravi musicisti e dedicarsi alla sperimentazione, comincia a farsi strada l'idea che si potesse creare una vera e propria opera con gli strumenti del Rock. Non è un mistero che molte delle musiche del Prog Rock nascono per influenza della musica Classica. Il passo dalla musica Classica all'Opera è breve. Quindi ben presto tutti i brani vengono composti con l'intento di trovarne un comune denominatore, così da raccontare una storia, un concetto o rappresentare un determinato periodo storico o un luogo geografico attraverso di essi, appunto il Concept Album.
Chi cerca di sfuggire al sistema del concept album è Ian Anderson (Jethro Tull), che, però, dopo che la critica assegna l'etichetta di concept album a "Aqualung", per ripicca compone un disco con una traccia sola: "Thick As A Brick". Lo strano scherzo del destino vuole che quel disco sia considerato uno dei più mirabili esempi di concept album! La storia di "Thick As A Brick" la potrete trovare su altri siti, in questo contesto voglio solo rimarcare la bellezza di quest'opera che ha la sola pecca di essere un po' troppo lunga e alla fine ripetitiva (praticamente tutto il lato B rappresenta un reprise del Lato A). Quello che sorprende è la poliedricità della musica e la cura con cui è composto, una specie di scultura in miniatura creata con uno scalpello di precisione. Mi sembrava giusto inserirlo per intero nella Playlist, la scelta è stata quella di separarlo in due tracce ed inserire in mezzo dischi "figli" di quella sperimentazione che, per fortuna, ancora oggi resiste. Allora questo articolo non è più solo un completamento del discorso Progressive Rock, ma qualcosa di più ampio che abbraccia diversi stili musicali e facendo mente locale, ed una brevissima ricerca, nella compilation ci finiscono gruppi più recenti come i Green Day, che etichettati come punk moderno o Pop Punk, vengono forse sottovalutati (per quanto abbiano un successo mondiale). Billy Joe Armstrong compone un concept in pieno stile Punk, in cui deride il sistema americano, identificando l'Americano Medio come "American Idiot", anche se per "American idiot" spesso la band intende George W. Bush, reo di aver scatenato una guerra che non aveva ragione di esistere. Non molto distante è l'argomento trattato da un'altra band piuttosto contemporanea, i Nine Inch Nails, che nel disco "Downward Spiral" raccontano la storia di un individuo che soffre la società moderna fino a decidere di porre fine alla sua esistenza. Album tetro e introspettivo è ritenuto dalla critica uno dei migliori album degli anni '90. 
Ispirazione di molti concept album, compreso "American Idiot" sono gli Who, qui presenti col sempreverde "Tommy". Un lavoro che, come altre volte è accaduto per i Concept, trova anche una trasposizione cinematografica e che vede fra gli attori partecipanti anche Jack Nicholson.
I Queen con "Queen II" firmano un concept che non ha lato a e lato b, ma lato bianco, interamente composto da Brian May (ad eccezione dell'ultima traccia firmata da Roger Taylor) e un lato nero composto da Freddie Mercury, 4 brani servono per raccontare questa opera in cui il colore del vinile vuole mettere in evidenza l'esistenza della doppia personalità dei Queen, quella "pulita" e trasparente del chitarrista e quella tetra e misteriosa dell'istrionico cantante.
L'articolo prende forma e non trova una fine, parlerei dei Concept Album per un anno intero senza sosta!
Nella Playlist sono ancora presenti David Bowie che si è cimentato nella realizzazione di un concept con l'album "The Rise And The Fall Of Ziggy Sturdust And The Spiders From Mars". È di recente pubblicazione (29 Gennaio) il disco dei Dream Theater "The Astonishing", un vero e proprio romanzo in musica (decisamente rock). Dei Gentle Giant mi sembra il caso di ricordare il disco "Three Friends" del 1972, un lavoro che forse più di altri ha ricevuto l'attenzione dei componenti del gruppo sempre alla ricerca di sonorità barocche e dal gusto medioevale.
Uno dei primi gruppi, se non i primi in assoluto nell'ambito della scena Progressive, a dedicarsi all'arte del Concept Album, sono stati i  The Kinks, che nel 1968 pubblicarono "Arthur(Or The Decline And Fall Of British Empire)".
Molto vicino alle tematiche dei Kinks è il Concept Album di Rick Wakeman. Già tastierista degli YES, si dedica, ad un certo punto della sua carriera, alla produzione solitaria  componendo diverse opere, tra cui "The Myths And The Legends Of King Arthur And The Knights Of The Round Table", da cui, per questa Playlist, è stato estrapolato il brano "Arthur".
Di più recente pubblicazione sono i lavori degli Eels, il gruppo di Mark Oliver Everett, che in "End Times" trattano il tema della solitudine che diventa il trampolino di lancio per la nuova vita.
Non poteva mancare la rappresentanza Italiana in questa Playlist. Tanti sono stati i gruppi Prog Rock Italiani che si sono cimentati nella realizzazione di opere rock, fra tutti il brano che mi ha rapito: "750.000 anni fa... l'amore?" del Banco del Mutuo Soccorso. Prometto, visto che il genere Prog nel nostro paese non è ancora passato di moda, di dedicare una prossima Playlist agli artisti Italiani che hanno pubblicato, anche in tempi recentissimi, dischi che ricadono in questo genere musicale. A chiusura della Playlist l'album preferito del blog: "Dark Side Of The Moon", un disco che non ha bisogno di presentazioni... 


Buon Ascolto!

martedì 2 febbraio 2016

30 ANNI, ma SempreVerdi

I Green Day, gruppo sempregiovane, compie 30 anni. Malgrado il primo disco "1039/Smoothed" sia datato 1990, la band si forma, col nome di Sweet Child, a Berkeley nel 1986 ad opera di Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt, Sean Hughes e Raj Pinjabi. Già nel 1987 Sean Hughes non crede più nel progetto e molla la band, lasciando il posto di bassista a Mike Dirnt. Anche Raj Pinjabi decide di lasciare il gruppo e viene sostituito da John Kiffmeyer (detto Al Sobrante). Il nome Green Day viene adottato dai ragazzi californiani nel 1989. L'anno successivo è Al Sobrante che decide, per motivi di studio, di mollare il gruppo, il suo posto verrà preso da Frank Edwin Wright III, più semplicemente conosciuto con il nome di Trè Cool. Da questo momento la formazione non cambierà più e vedrà alla voce/chitarra Billie Joe Armstrong, al basso Mike Dirnt e alla batteria Trè Cool. Nel 2012 si aggiunge un sideman al gruppo, ormai considerato il quarto membro dei GD: Jason White.
Al primo disco appartengono brani come "Green Day" e "At The Library", in cui sia il sound, che le liriche sono manifestamente di natura adolescenziale.
Il successo arriva con "Kerplunk", disco del 1992, il primo con Trè Cool alla batteria, che garantisce alla band l'attenzione delle major. Nel disco sono presenti brani come "Welcome to Paradise" e "My Generation",cover degli Who.
È col terzo disco, "Dookie", che I Gd sfondano anche e soprattutto grazie al brano "Basket Case",adottato dalla emittente Mtv come un vero e proprio inno. Nello stesso Lp appaiono altri brani noti del gruppo, uno su tutti "When I Come Around".
"Insomniac" e "Nimrod" gli album usciti nel 1995 e nel 1997 sono un mezzo passo falso per i GD perché non riescono a ripetere il successo di "Dookie", anche se da quelli escono brani come "Brain Stew", inserita nella bella colonna sonora di un film tremendo come "Godzilla", "King For a Day", spesso presente nella scaletta dei concerti, e, soprattutto, un cavallo di battaglia come "Good Riddance (Time of Your Life)", oggi uno dei titoli più apprezzati dai fan.
Nel 2000 è il turno di "Warning", che, oltre alla title track, contiene un brano come "Macy Day Parade", in cui i GD si interessano un po' più del sociale.
Insomma i ragazzi mostrano di crescere ed infatti nel 2004 esce un disco "maturo", ovvero il concept album, dichiaratamente ispirato a Tommy degli Who, "American Idiot". 
I lavori successivi, "21st Century Breakdown", "¡Uno!", "¡Dos!", "¡Tres!", usciti fra il 2009 ed il 2013, sono stati un discreto successo in fatto di vendite, ma sicuramente non dei grandi prodotti da un punto di vista qualitativo. 
In fondo i GD, che oggi sono dei quarantenni, non sono mai usciti dalla fase adolescenziale e questo si ritrova spesso nelle loro canzoni, e il meglio di loro lo danno sul palco. È durante i concerti che conquistano i fan e, a dimostrazione del fatto che la loro musica sia molto semplice, ormai è tradizione che durante le loro esibizioni invitino un fan a suonare sul palco assieme a loro (in basso un video in cui a suonare è un piccolo fan di appena 9 anni). Ma durante i live i "ragazzi" non nascondono di essere fan a loro volta di altri, come The Who, Guns n Roses, Black Sabbath e Ac/Dc, e di essere cresciuti suonando le cover dei loro miti musicali come qualunque altro gruppo di adolescenti dentro ad un garage quando si marina la scuola.
Insomma in questo articolo non si vuole discutere sul valore artistico dei Green Day. Sono sicuro che ognuno di voi avrà una propria personale opinione a riguardo e sono altrettanto sicuro del fatto che l'opinione sia divisa quantomeno in due correnti di pensiero, da una parte i puristi del Punk che vedono i GD come una band sopravvalutata e troppo Pop per essere veramente Punk, dall'altra chi li considera una buona band che ha percorso la propria strada proponendo a tratti qualcosa di interessante. Che si appartenga al primo o al secondo gruppo si deve riconoscere a Billie Joe e compagni la passione con cui hanno affrontato il loro progetto nel tempo e che, in fondo, quel successo che hanno riscosso è meritato e da ricercare in quel loro modo sorridente di presentarsi sul palco ad ogni esibizione. 
A voi la Playlist dei Green Day e un paio di video tratti da youtube
che inquadrano il fenomeno Green Day