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giovedì 13 ottobre 2016

la rinascita del Rock

Nelle puntate precedenti, su questo stesso blog, è stata presa in esame una data, il 1967, forse il Big Bang del Grande Rock!

A seguito della rivoluzione Punk di fine anni 70, però, il piacere della sperimentazione è andato via via svanendo, lasciando un vuoto e facendo piombare la musica leggera dentro il vortice del Pop, governato dalle logiche delle classifiche e dalle dinamiche del mercato, per spingere il "prodotto" musica a vendere al sopra di ogni valore artistico.

Oggi quel gusto psichedelico del rock resiste? 
C'è ancora qualcuno che cerca di scoprire nuovi suoni? C'è chi ha voglia di sperimentare? 
C'è chi è ancora in grado di trasferire la propria fantasia dentro un riff di chitarra?

Forse si.

Forse ci sono ancora personaggi capaci di utilizzare la propria immaginazione per comporre un pezzo rock.
Parlo di gruppi come i Black Mountain che, cresciuti ascoltando quei grandi interpreti del Rock, ad un certo punto, si sono trovati a scrivere e comporre per conto loro alla maniera dei loro miti. In effetti dentro la loro musica è facile riconoscere piccoli frammenti di gruppi come: 

  • Jefferson Airplane
  • Rolling Stones
  • Genesis
  • Beatles
  • Velvet Underground 
  • Yes
  • Pink Floyd



In un periodo uggioso e poco innovativo per il Rock, il gruppo Canadese potrebbe rappresentare quel raggio di sole che gli appassionati cercano con insistenza.
Un rock coinvolgente e indipendente da tutte le mode, un suono che non ha paura di osare. Delle composizioni che non tengono conto del concetto di tempo, ignorando il fatto che un brano rock dovrebbe stare dentro i cinque minuti
Una band che si diverte a fare del sano Rock alla vecchia maniera, che questo blog è felice di celebrare, visto che il loro ultimo lavoro (pubblicato Aprile 2016) è passato quasi inosservato. La  Playlist di oggi è interamente dedicato a questo gruppo e si chiude con il brano "Mothers Of The Sun" traccia numero 1 del disco"IV", l'ultima fatica dei canadesi.
BUON ASCOLTO


lunedì 30 novembre 2015

Album della Settimana - Titus Andronicus

Voi che siete dei veri intenditori di musica conoscete da anni il gruppo statunitense guidato da Patrick Stickles, sapete già che non fanno musica ellenica e che il loro nome proviene dal titolo dell'omonima tragedia di Shakespeare.

A differenza vostra, io ho scoperto solo in questi giorni il loro quarto ed ultimo album, caratterizzato da un ottimo Punk d'annata, stile Clash che fu.



Cosa che accomuna i miei AlbumDellaSettimana, è l'ascolto a rotazione continua, come avveniva in un epoca lontana lontana, quando ancora non esisteva quel ritrovato tecnologico che Voi chiamate Spotify ed ogni album era un piccolo tesoro.



Una rock opera in cinque atti per novantatré minuti di durata, The Most Lamentable Tragedy è un concept album composto da ventinove tracce, caratterizzate da una narrazione unitaria, tesa a raccontare il rapporto di un eroe senza nome alle prese con le proprie nevrosi.

Alla base dell'opera c'è un comune denominatore punk-rock, che viene rimodulato e/o arricchito da ulteriori elementi nell'evolversi della narrazione e nello dispiegarsi dei brani, con scelte musicali di alto livello ed una cura particolare dedicata all'ordine di riproduzione.

Lo so a leggere le ultime righe sembra un mattone recensito da un presuntuoso, ma vi garantisco che l'ascolto vi farà dimenticare le banalità che ogni tanto vi propino.
Buon Punk a tutti!


sabato 24 ottobre 2015

2001 Odissea nell'Indie-Rock


Chiacchierando sull'Indie Rock, ascoltando una selezione degli artisti emergenti arricchita da alcune bonus track interpretate da chi si è, invece, affermato nel settore a partire dal 2001.




Playlist su Spotify
contiene tra gli altri: The Fratellis - Chelsea Dagger, The Strokes - Hard To Explain, Mgmt - Kids, Swim Deep One Great Song And I Could Change The World, Years & Years Shine, The 1975 - Chocolate, Mystery Jets - Young Love, Chvrches - The Mother We Share, Peter Bjorn and John Young Folks, Ms Mr - Hurricane, ed altre...

Come ogni classificazione, ricondurre più artisti ad un'unica grande categoria, è sempre una forzatura, soprattutto quando - come in questo caso - il nuovo genere individua principalmente l'indipendenza degli artisti, lasciando in secondo piano le caratteristiche stilistiche.



Sottofondo scelto per iniziare The Strokes - Hard To Explain tratta dall'album del 2001 IS THIS IT.
Famosi prima ancora di pubblicare un album, paladini dell’indie ma da sempre sotto contratto con una major, la loro formula è semplice: un sound sporco su melodie orecchiabili. 

L'Indie Rock si sviluppa parallelamente tra gli USA e lo UK verso la fine degli anni '80, esplodendo all'inizio del nuovo millennio, con l'improvviso formarsi di numerose band, che riusciranno a raggiungere una relativa popolarità soprattutto grazie al potenziamento graduale della rete.
La strada intrapresa da queste band fu diretta conseguenza del proliferare di numerose etichette discografiche indipendenti che videro la luce proprio in quegli anni.
Inizialmente identificato come variante dell’alternative rock, si distingue da questo per la precisa connotazione discografica nettamente contrapposta alle majors: mentre il secondo veniva sempre più ricondotto a logiche di mercato, il primo radicalizzava la sua indole anticommerciale.

Sfuggendo a criteri prettamente cronologici, la playlist prosegue con Chvrches - The Mother We Share, tratto dall'album THE BONES OF WHAT YOU BELIEVE del 2013.
Gruppo con la passione per il classico synth pop di scuola eighties, con sonorità assolutamente contemporanee.

L'Indie Rock affonda le proprie origini anche nel punk e nel grunge, essendone quasi un'evoluzione sperimentale variamente interpretata, la cui particolarità risiedeva originariamente soprattutto nell'approccio per lo più autonomo e amatoriale che si concretizzava nella produzione di registrazioni dimostrative autoprodotte.
Spesso l'approccio all'Indie Rock era - ed anche oggi continua ad essere - il preludio ad una carriera discografica nel circuito mainstream. 

Scorrendo nell'ascolto, non a caso arriviamo ai 30 Seconds To Mars - The Kill, ed ai Kasabian - L.S.F. .
Gruppi originariamente Indie e poi accolti in grande stile fra le braccia delle Majors.

Tutto cambia con l'esplosione del grunge e del britpop e la conseguente notorietà di alcune band fino ad allora sconosciute: da questo momento il termine Indie Rock comincia progressivamente a perdere quella valenza originaria di musica alternativa, venendo utilizzato per identificare un genere musicale.

Torniamo al presente con Swim Deep - One Great Song And I Could Change The World, dall'album MOTHERS del 2015.
Quintetto che ultimamente ha virato verso territori elettronici, il brano scelto colpisce per i suoni eterei, restando in bilico fra indie-pop, dance alternativa e rock progressivo.

Come detto, da adesso, il termine Indie Rock perde il suo significato originale e comincia a fare riferimento ad una nuova forma di musica più leggera, riferita principalmente a band underground, che ora può raggiungere il successo mainstream.
La cristallizzazione del genere porterà alla nascita di numerosi sottogeneri di stili correlati come l'indie pop, il lo-fi, il noise pop, ecc...

Negli ultimi anni il calo record delle vendite discografiche, la crescita di nuove tecnologie digitali e un maggiore uso della rete come strumento di promozione della musica hanno permesso che una nuova ondata di band indie rock raggiungesse il successo popolare, diventando un fenomeno non più esclusivamente anglofono.

Sulle note di Young Folks del gruppo svedese Peter Bjorn and John chiudo le trasmissioni lasciando spazio alla musica. 

domenica 11 ottobre 2015

Sul piatto gira...l'album della settimana.

Prima di svelare a chi assegnare questo "importante riconoscimento", mi preme una precisazione: l'album della settimana non è la migliore uscita della settimana, del mese o dell'anno, è soltanto l'album della mia settimana, quello che in questi giorni sta usurando la puntina del mio giradischi.

Buon ascolto.

The War On Drugs - Lost In The Dream

L'album su spotify


Uno dei più interessanti lavori di questi ultimi anni, Lost In Dream è il terzo album della band di Philadelphia, uscito nel 2014.



Nati ufficialmente nel 2005, i TWoD si sono subito fatti notare per le loro sonorità - ancora un po' acerbe -, ma che resteranno, una volta affinate, il loro marchio di fabbrica, muovendosi con disinvoltura dall'alt-folk/songwriting all'indie rock.



Qui una scheda completa sulla band, a cura di Ondarock.it.



Già al primo ascolto Lost In The Dream colpisce per la cura riservata alla parte strumentale dei brani, dove il ruolo principale viene riservato - come di consueto per i TWoD - alle chitarre, ma al di là delle analisi pseudo-tecniche, ritengo che il punto di forza resti l'atmospera volutamente "onirica", saldamente legata alla natura indie rock della band che evita sapientemente derive ambient.



I successivi ascolti consentono di scoprire numerosi richiami alla musica folk americana e non solo: soprattutto c'è tanto Tom Petty.



Il prossimo doveroso ascolto sarà on the road e sono sicuro che verrano fuori altre nuove sensazioni.