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venerdì 30 settembre 2016

La Ruvida Poesia di Tom Waits

Lo so...pubblicare un post dopo sei mesi di silenzio meriterebbe qualche spiegazione, dovrei dire perché, dove, come e quando, ma siccome immagino che chi legge sopravviverà anche senza queste determinanti informazioni, passo oltre e metto sul piatto della buona musica.


In questi mesi è rimasto in silenzio solo il blog, nel frattempo la musica ha continuato ad accompagnarmi e per questo voglio proporre la mia soundtrack di queste settimane.

Da poco mi sto addentrando nella musica di Tom Waits e cercare di venirne a capo in poco tempo è un impresa impossibile, la varietà di tematiche, sonorità, interpretazioni non può essere ricondotto in alcuna sterile etichetta: per i più, me compreso,appartiene (apparteneva) a quel folto numero di artisti che si conoscono genericamente per qualche brano o per qualche cammeo.
I più forse lo ricorderanno per questo brano, ascoltato al cinema:


Onda Rock qui lo descrive così: La sua passione per gli eccessi sta tutta in una sua celebre frase: "Non riesco a capire coloro che si rifugiano nella realtà perché hanno paura di affrontare la droga". Oggi Tom Waits tenta di condurre una vita meno sregolata. Ma la sua voce ruggine e miele, ormai devastata dall'alcol, continuerà a cantare che la vita ha il suo "wrong side".

Dalla musica al cinema, parallelamente ai successi nel campo della musica recita in film importanti già dai primi anni Ottanta, ma l'incontro più fortunato è quello con il regista indipendente Jim Jarmusch, per il quale lavorerà insieme a Roberto Benigni.

L'arte di Waits è l'arte di un cantastorie che ha sempre contemplato l'America e i suoi ideali in modo critico, preferendo raccontare il lato oscuro dell'immaginario a stelle e strisce, abitata da vagabondi, anime erranti senza meta e da ogni genere di reietti.

Tralasciando tutto il resto, punto di partenza per l'ascolto è Swordfishtrombones, l'ottavo album in studio del cantautore statunitense, considerato una delle sue migliori opere. Pubblicato dalla Island Records nel 1983, segna il passaggio dalle atmosfere fumose di un Waits tipo jazz crooner ad uno stile più sofisticato, tipicamente postmoderno.


Alla prossima (speriamo tra meno di sei mesi...)

giovedì 28 gennaio 2016

Trip Hop is not dead



C'era una volta il Trip Hop, fenomeno di cui questo blog si è già occupato(qui il link per l'articolo). C'era una volta e continua ad essere grazie a personaggi come Tricky
Originariamente aggregato ai Massive Attack e considerato il quinto membro della band, senza mai farne veramente parte, si dedica subito alla carriera solista pubblicando un disco (Maxinquaye) in memoria della mamma, morta suicida quando Adrian (il vero nome di Tricky) aveva solo 4 anni.
Nella carriera di questo artista si sono susseguiti alti e bassi e, malgrado la qualità della musica  da lui prodotta non si sia mai ridotta, il grande successo non è mai veramente arrivato. Mancanza di successo, o del grosso successo, che si deve imputare alla moda, che ha metabolizzato e digerito il fenomeno Trip Hop fino a tritarlo dentro la macchina del pop. Finito nelle grinfie di produttori musicali attratti più dal danaro che dalla qualità artistica, è diventato quasi un succedaneo della musica elettronica di natura dance.
In questi giorni Tricky pubblica il suo ennesimo lavoro, che non brilla per bellezza, ma che ha il pregio di inglobare suoni di natura diversa che strizzano l'occhio all'Hip Hop, al Dub e altri suoni elettronici. Un disco dal sapore acido che è preferibile ascoltare la sera. Un prodotto diverso da quanto propone il mercato in questo momento, in attesa che i superstiti dei Massive Attack pubblichino il loro nuovo disco, atteso in questi giorni.

sabato 23 gennaio 2016

Album della Notte 3a - SaffronKeira Synecdoche


Dopo aver vagato verso altre sonorità, torniamo finalmente alle atmosfere notturne, che fin dall'inizio di questa esperienza avevano caratterizzato le nostre selezioni musicali.

La scelta di questo album deve essere considerata la naturale prosecuzione delle prime due parti della sezione "AlbumDellaNotte", dove avevamo ascoltato i The Last Hurra!! e Benjamin Clementine; in questo caso a colpirci è stata l'estrema eleganza che contraddistingue l'album di SaffronKeira.

Breve parentesi, chi è o chi sono o cosa sono SaffronKeira? Visto che per la prima volta Wikipedia non è corsa in nostro aiuto, abbiamo dato uno sguardo alla meta preferita di ogni stalker digitale, Facebook, qui le nostre domande hanno trovato le attese risposte: SaffronKeira è un progetto partorito nel 2008 dalla geniale mente di Eugenio Caria - l'alter ego di SK -, caratterizzato da una estrema libertà creativa, come testimoniano anche i lavori precedenti all'album oggi proposto.
L'album si compone di 11 tracce, molto diverse tra loro (dall'elettronica al TripHop), di cui ben 9 frutto di collaborazioni con altri artisti che accentuano l'eterogeneità del risultato finale.
Ma adesso silenzio, lasciamo spazio alla musica ed alle sue atmosfere.
Buon ascolto notturno!
P.S. copertina a schermo intero dovuta quale migliore interpretazione del concetto AlbumDellaNotte!

venerdì 22 gennaio 2016

Black Sheep Boy, l'album del successo

La copertina originale del 2005
È quasi una moda quella di ristampare un disco per celebrarne dieci anni di vita. Lo hanno fatto i Pearl Jam con Ten, per esempio, e adesso è il turno degli Okkervil River, seppur con modalità e pretesti differenti. La band degli States che si è formata nel 1998 e che ha dovuto girare tutto il Texax prima che la Jagjaguwar, piccola etichetta dell'Indiana, si accorgesse di loro, ripropone in questi giorni l'album "Black Sheep Boy". Pubblicato originariamente nel 2005, è stato il terzo lavoro del gruppo e il loro primo grande successo. 
La banalità non ha mai fatto parte degli Okkervil River che fin dagli esordi, con l'Ep autoprodotto "Bedroom", hanno riscosso consensi e affascinato gli attenti ascoltatori.  
Un elettro-folk molto ben curato, quello di "Black Sheep Boy", dalle liriche piene di fantasia e frutto del talentuoso songwriter e cantante Will Sheff.
Disco autobiografico, praticamente un concept album, che tratta di come il protagonista si sia liberato della dipendenza dall'eroina. Tutto nasce dalla canzone originariamente scritta dal folf singer Tim Hardin, presente come prima traccia del disco. Il "Black Sheep Boy" è costantemente presente nelle canzoni del disco e molti versi sono le parole dello stesso personaggio che emerge all'improvviso e che si vuole rendere protagonista a tutti i costi.
Copertina della ristampa Dicembre 2015
Disco in cui il concetto di viaggio è sempre presente, ma ancora più presente è il senso del ritorno. Ritorno ad una vita priva di dipendenze. Ritorno alla libertà. Ritorno alla musica. Ritorno alla musica, perché nel 2004 la band aveva deciso di abbandonare la scena a causa del successo che non arrivava. Dopo qualche mese di silenzio, la band si riunisce, nasce "Black Sheep Boy" e arriva quello che i tre ragazzi texani inseguivano da qualche anno, coscienti del loro immenso talento.
A voi la Playlist dell'album, che è non una semplice ristampa del disco del 2005, ma un triplo LP (Cd doppio) in cui vengono pubblicati dei brani inediti, composti un anno prima della pubblicazione di "Black Sheep Boy", che hanno avuto il ruolo di illuminare il cammino artistico dei tre ragazzi per la realizzazione dei brani definitivi dell'album, buon ascolto.


lunedì 4 gennaio 2016

From Here To Eternity ... e poi arrivò Giovanni Giorgio!


Forse senza il sintetizzatore non avremmo conosciuto "questo" Giorgio Moroder e non avremmo potuto scoprire quanto possa essere coinvolgente l'elettronica: per fortuna questo what if non si è verificato e noi possiamo gustarci From Here To Eternity, l'album che ha lanciato definitivamente nella grande musica uno dei compositori italiani più influenti di sempre nella storia del pop.
Da lui in poi saranno molti gli artisti dietro una tastiera, da Jean Michel Jarre ai Royksopp, dai Daft Punk ai Chemical Brothers.

Ecco il degno omaggio firmato dai Daft Punk, ecco il Sound Of The Future (*):

"From Here To Eternity", firmato semplicemente come "Giorgio", dura una trentina di minuti, e corre come un treno dall'inizio alla fine. È composto da otto tracce, otto piccole suite di pop-metallico dai potenti bassi decisi e dalle sorprendenti aperture vocali melodich(Cit. OndaRock).

Prima di passare all'ascolto dell'album su Spotify, per comprendere il personaggio, suggerisco di guardare il video (qui sotto postato) che mostra il Giorgio Moroder di fine anni 70, occhiali da sole, baffoni e la sua tuta "da sera".

(*) qui il testo di Giorgio By Moroder
When I was fifteen, sixteen when I started really to play the guitar
I definitely wanted to become a musician
It was almost impossible because the dream was so big
I didn't see any chance because I was living in a little town, I was studying.
And when I finally broke away from school and became I musician
I thought "well I may have a bit of a chance"
Because all I every wanted to do is music but not only play music
But compose music.
At that time, in Germany, in 1969-70, they already had discotheques
So I would take my car and go to a discotheque and sing maybe 30 minutes
I think I had about 7-8 songs. I would partially sleep in the car
Because I didn't want to drive home and that help me for about almost 2 years
To survive. I
n the beginning,
I wanted to do a album with the sound of the 50s,
the sound of the 60s, of the 70s and then have a sound of the future.
And I said: "Wait a second?
I know the synthesizer, why don't I use the synthesizer which is the sound of the future."
And I didn't have any idea what to do but I knew I needed a click so we put a click on the 24 track
which was then synch to the moog modular.
I knew that it could be a sound of the future but I didn't realise how much impact it would be.
My name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio.
You want to free your mind about a concept of harmony and of music being correct,
you can do whatever you want.
So nobody told me what to do,
and there was no preconception of what to do.

mercoledì 2 dicembre 2015

Guest Selection - Part II

Con questo siamo già al secondo capitolo "Guest Selection", ancora l'amica Martina che ci ha preso gusto e per il blog è un piacere ri-pubblicarle una recensione.
Ecco un altro album che amo.
Black Sands-Bonobo.
Nonostante non sia una fautrice dell'elettronica, questo album è riuscito a trasmettermi ottime emozioni, tanto da annoverarlo tra i miei album preferiti in assoluto.
Album decisamente vario, non monotono, adatto a diversi momenti della giornata...
Contiene pezzi "notturni" (come Black Sands), collaborazioni importanti (Andreya Triana, artista dalla voce stupenda ed estremamente sensuale), pezzi che sono adatti alla corsa poichè il ritmo è trascinante e spesso molto coinvolgente, quindi perfetto per questo scopo (tra le altre spicca "We Could Forever").
Insomma..
Un album a mio avviso molto interessante.
Buon Ascolto!

Album 2015

1) The War On Drugs - Lost In The Dream
post 11/10/2015 


3) The Last Hurrah!! - Mudflowers 
post 17/10/2015


5) Adem - Seconds are acorns
post 26/10/2015

6) The Alan Parsons Project - I Robot
post 27/10/2015

7) Jamie Woon - Making Time
post 5/11/2015

8) Thievery Corporation - Culture of Fear 
post 18/11/2015

9) Dark Side of The Moon
post 27/11/2015

10) Titus Andronicus - The Most Lamentable Tragedy 
post 30/11/2015


post 2/12/2015



lunedì 30 novembre 2015

Album della Settimana - Titus Andronicus

Voi che siete dei veri intenditori di musica conoscete da anni il gruppo statunitense guidato da Patrick Stickles, sapete già che non fanno musica ellenica e che il loro nome proviene dal titolo dell'omonima tragedia di Shakespeare.

A differenza vostra, io ho scoperto solo in questi giorni il loro quarto ed ultimo album, caratterizzato da un ottimo Punk d'annata, stile Clash che fu.



Cosa che accomuna i miei AlbumDellaSettimana, è l'ascolto a rotazione continua, come avveniva in un epoca lontana lontana, quando ancora non esisteva quel ritrovato tecnologico che Voi chiamate Spotify ed ogni album era un piccolo tesoro.



Una rock opera in cinque atti per novantatré minuti di durata, The Most Lamentable Tragedy è un concept album composto da ventinove tracce, caratterizzate da una narrazione unitaria, tesa a raccontare il rapporto di un eroe senza nome alle prese con le proprie nevrosi.

Alla base dell'opera c'è un comune denominatore punk-rock, che viene rimodulato e/o arricchito da ulteriori elementi nell'evolversi della narrazione e nello dispiegarsi dei brani, con scelte musicali di alto livello ed una cura particolare dedicata all'ordine di riproduzione.

Lo so a leggere le ultime righe sembra un mattone recensito da un presuntuoso, ma vi garantisco che l'ascolto vi farà dimenticare le banalità che ogni tanto vi propino.
Buon Punk a tutti!


venerdì 27 novembre 2015

CineClub - The Dark Side Of The Moon


State tranquilli...non ho la presunzione di recensire Dark Side Of The Moon, molto (forse tutto) è stato già scritto.
Mi limito a confessare la mia venerazione per questo album e per ciò che rappresenta: un'epoca in cui la musica sperimentava ed il mercato la premiava per questo.
Prima che si spengano le luci ed inizi la proiezione, vi anticipo che il documentario proposto, ritrasmesso qualche settimana fa su SkyArte, svela alcuni interessanti retroscena sulla realizzazione dell'abum; impagabile il contributo di Alan Parsons (impagabile o introvabile anche la sua camicia stile rivoluzione francese!) al mixer che spiega le tecniche, allora avveniristiche, di registrazione.
Stavolta invece di buon ascolto, vi auguro buona visione.

mercoledì 18 novembre 2015

Guest Selection


Con questo post inauguriamo una sezione molto gradita: la selezione di un amico. In questo caso si tratta di un'amica, Martina, che, compreso lo spirito di questo blog, ci ha inviato il link di un album tramite spotify invitandoci all'ascolto.
Secondo Martina 
"al di là dei bei pezzi...la musica ti fa tornare  in mente anzi ti fa rivivere momenti che avevi dimenticato o semplicemente messo da parte. Dici... sai che novità! ma a volte basta così poco per riprendere una giornata nel modo più semplice e sorridere. Poi non dirmi che non sono sola ma a volte tornano in mente anche profumi, non solo immagini.
comunque anche scoprire nuova musica ti fa carica e buona energia!
Che potenza in 7 note!
Siamo pienamente d'accordo, il potere evocativo della buona musica è impareggiabile: immagini, profumi, colori, cose, eventi e anche persone del presente e del passato.
Martina ha colto in pieno lo spirito di questo blog!
James Alhambra non nasce per essere un maestro che vuole fare lezioni di storia della musica contemporanea o passata, ma un modo per uscire dal branco, farsi notare e stimolare al dialogo su tutto quello che riguarda la musica (cosiddetta) leggera.
Che ben vengano le segnalazioni esterne, le collaborazioni e le playlist di chi ha il piacere di restare sintonizzato con il blog storytellers's.
Dimenticavo: il disco scelto è "Culture of Fear" dei Thievery Corporation, un lavoro che fa viaggiare la mente e che si inserisce nel fenomeno Trip Hop. A tratti tribale, ha delle atmosfere elettroniche che ricordano gli Zero7 e i Morcheeba, giusto per citare qualcosa di già sentito nei nostri canali. Un disco serale, da sottofondo, da happy hour molto raffinato con dei testi che vale la pena di esaminare. Un disco da James Alhambra.
Stay Tuned..

A voi il disco
buon ascolto

giovedì 5 novembre 2015

I nuovi songwriter



Making Time di Jamie Woon
Sono sempre stato un grande appassionato della canzone. Impazzisco per quegli artisti in grado di scrivere testi fantasiosi e profondi. Insomma sono un fan dei cantautori, la cui arte sembra essere sparita, quando, invece, si è solo trasformata. In pratica il cantautore si è appropriato, oggi, della tecnica e della tecnologia della musica elettronica. È stata in una sera di ricerche di cantautori, e di ascolti notturni, che, 4 anni fa, mi sono imbattuto nelle melodie di un songwriter di origini cino-malesi ma Inglese dalla testa ai piedi. Il suo nome è Jamie Woon. Il suo disco d'esordio ("Mirrorwriting")  era molto ricco e fra melodie r'n'b e neo soul ammiccava l'occhio alla musica elettronica (per l'appunto) e al trip hop. Una voce dai tratti tipicamente neri, dal timbro deciso e rassicurante capace di confezionare un disco decisamente raffinato. Tutto questo è ritornato, con meno elettronica e una maggiore presenza di strumenti veri (chitarra acustica su tutti), nel suo nuovo lavoro "Making Time" disponibile da qualche giorno nei negozi e presente negli elenchi di spotify da più o meno una settimana. Non aggiungo altro e vi rimando all'ascolto del disco, nella speranza che sia un buon ascolto come lo è stato in questi giorni per chi scrive su questo blog. Stay tuned...  

martedì 27 ottobre 2015

Tutto iniziò grazie ad Alan Parsons ed al suo "progetto"

1976 un oscuro ingegnere del suono, dopo collaborazioni con alcune band semisconosciute (BeatlesPink Floyd...), pubblica il suo primo project Tales Of Mystery And Imagination Edgar Allan Poe.

L'album vede la luce grazie al sodalizio tra il nostro ingegnere - Alan Parsons -, Andrew Powell, direttore della Philarmonia Orchestra, ed Eric Woolfson, noto produttore e compositore: d'ora in poi saranno "The Alan Parsons Project".

Un anno dopo esce I Robot, album improntato al rock progressivo, dal marcato tratto futuristico., che rivoluzionerà la musica elettronica negli anni a venire.

A farla da padrone è il sintetizzatore, che verrà largamente usato, soprattutto nei brani strumentali, mediante un'elettronica messa al servizio della melodia.

Il risultato è un lavoro vario con contaminazioni di vari generi musicali dal progressivo al pop, dal funky alla disco.

Non mancano rimandi sonori ai lavori precedenti di Alan, tra le note riesce a scorgersi The Dark Side Of The Moon, frutto della collaborazione di appena 4 anni prima.

Da adesso in poi (grazie anche all'imponente figura di Giorgio Moroder, che si afferma proprio in quegli anni e su cui mi riprometto di tornare a breve) anche chi sta dietro ad una console verrà visto come un artista, ci sarà chi sostituirà la chitarra con un mixer.


Il disco è pieno di sorprese, che lascio a chi vorrà ascoltare con attenzione questo piccolo capolavoro dimenticato.


Il successo di I Robot verrà replicato nel 1982 con Eye In The Sky, ma questa è un'altra storia...


lunedì 26 ottobre 2015

Bentornato Adem

A distanza di 9 anni torna con un album inedito Adem. Artista turco-inglese che aveva incantato gli appassionati di musica e la critica col suo album LOVE AND OTHER PLANETS. Nella sua musica, come nella sua biografia, aleggia un qualcosa di misterioso. In questi anni ha collaborato con altri artisti e registrato un album contenti la sua personale interpretazione di brani a lui cari, come Starla di The Smashing Pumpikins e Oh My Lover di PJ Harvey. Adesso torna il suo stile malinconico ma non triste. Leggero come le nuvole la sua musica è una piuma trasportata dal vento. Fra melodie folk e indie fa veleggiare l'ascoltatore su acque tranquille trasportandolo in una dimensione parallela. La voce è chiara con delle leggere spigolosità, ricordando a tratti quella di Bono Vox. Un disco crepuscolare da ascoltare sorseggiando un calice di buon vino rosso. Come al solito chi scrive in questo blog cerca di essere il meno noioso possibile, lasciando spazio alla musica e rimandando all'ascolto del disco.
Buon ascolto!

martedì 20 ottobre 2015

Quelli della notte 2a - Benjamin Clementine



At Least For Now su Spotify



Scrivo questa scheda di getto, mentre sto ascoltando l'opera prima di Benjamin Clementine, artista emergente quasi ignorato dalla grande distribuzione.

Quello che traspare sia dalle prime note è l'autenticità dell'artista, fortemente influenzato dalle proprie origini e dalle proprie esperienze di vita: nella sua musica c'è il Ghana, l'Inghilterra, la Francia, i luoghi dove ha vissuto ed ha affrontato le difficoltà di chi crede nella propria musica, quando si è il solo a farlo.

Musicalmente valido, sin dalle prime note, ci si rende conto che lo strumento che primeggia, accanto al piano, agli archi ed ai violini, è la potente voce di Benjamin, che decanta i propri versi, calandosi nel ruolo di poeta del XXI secolo che coinvolge emotivamente l'ascoltatore.

È un ascolto che spiazza, ora si avvicina alla soul music di Nina Simone, ora si sposta sui timbri della canzone francese di inizio '900, senza mai deludere e/o ammiccare al l'ascoltatore con scelte "pop-commerciali".

In cuffia suona
Gone, perfetta per chiudere ed augurare un buon ascolto notturno.

sabato 17 ottobre 2015

Quelli della notte.



Ho trovato l'America...in Norvegia!
Nulla di particolarmente originale, un country moderno forse già sentito, ma ascoltarli è un vero piacere.

Le vocalist statunitensi riescono ad ingannare in merito alla nazionalità del progetto - un insolito country all'americana Made in Norvegia (?!) - ben suonato, che catapulta l'ascoltatore nelle polverose strade del West, grazie anche all'uso sapiente, in chiave moderna, dell'armonica.

Una delle più interessanti uscite di questo 2015.



martedì 13 ottobre 2015

Dischi in soffitta - gli album dimenticati


Ci sono stati nella storia della musica artisti "sfortunati", che hanno lasciato un segno indelebile nella mente e nelle orecchie degli appassionati, ma che non hanno raccolto il successo che meritavano. Musicisti poliedrici, autori dalla vena poetica, sognatori e maledetti intellettuali incapaci di comunicare con la massa.

Uno di questi è Claudio Rocchi e il disco dimenticato del mese è VOLO MAGICO N.1. pubblicato nel 1971.



Forse non il disco più bello di Rocchi, sicuramente uno dei più interessanti e che lo caratterizzano in maniera determinante.
Tra virtuosismi con la chitarra, urla strazianti e melodie in linea con le più raffinate produzioni del prog/rock britannico, il disco scivola per 36 minuti lasciando l'ascoltatore soddisfatto dell'ascolto e dispiaciuto perchè troppo breve, come breve, ma intensa è stata la vita di Claudio.

Consigliato l'ascolto con in mano un buon calice di vino e nella versione vinile, piuttosto che in quella fredda del cd, ma in mancanza di un buon giradischi anche l'mp3 di spotify rende l'idea della grandezza di questo disco.

Per avere informazioni e capire qualcosa di più di Rocchi, è interessante dare un'occhiata a questo articolo, postato su soundsblog.it .



domenica 11 ottobre 2015

Sul piatto gira...l'album della settimana.

Prima di svelare a chi assegnare questo "importante riconoscimento", mi preme una precisazione: l'album della settimana non è la migliore uscita della settimana, del mese o dell'anno, è soltanto l'album della mia settimana, quello che in questi giorni sta usurando la puntina del mio giradischi.

Buon ascolto.

The War On Drugs - Lost In The Dream

L'album su spotify


Uno dei più interessanti lavori di questi ultimi anni, Lost In Dream è il terzo album della band di Philadelphia, uscito nel 2014.



Nati ufficialmente nel 2005, i TWoD si sono subito fatti notare per le loro sonorità - ancora un po' acerbe -, ma che resteranno, una volta affinate, il loro marchio di fabbrica, muovendosi con disinvoltura dall'alt-folk/songwriting all'indie rock.



Qui una scheda completa sulla band, a cura di Ondarock.it.



Già al primo ascolto Lost In The Dream colpisce per la cura riservata alla parte strumentale dei brani, dove il ruolo principale viene riservato - come di consueto per i TWoD - alle chitarre, ma al di là delle analisi pseudo-tecniche, ritengo che il punto di forza resti l'atmospera volutamente "onirica", saldamente legata alla natura indie rock della band che evita sapientemente derive ambient.



I successivi ascolti consentono di scoprire numerosi richiami alla musica folk americana e non solo: soprattutto c'è tanto Tom Petty.



Il prossimo doveroso ascolto sarà on the road e sono sicuro che verrano fuori altre nuove sensazioni.